Chissà cosa si pensa. Chissà se fanno più fatica il cuore e le gambe oppure la testa. Chissà dove si trova la forza per non scendere dalla bicicletta e dire basta. Trentadue ore pedalando senza mai fermarsi. Quasi un week end. Trentadue ore a girare in tondo su una pista di 250 metri, quella di Montichiari a Brescia, che alla fine fanno più di 900 chilometri come da Milano a Bari e forse anche qualcosina in più. Trentadue ore per dare una mano, come sempre, ai «bimbi farfalla», i piccoli colpiti dall’epidermolisi bollosa, una rara malattia genetica che rende la pelle fragilissima. Anna Mei, milanese di 46 anni insegnante di «motoria» che una volta alle elementari si chiamava ginnastica, non la non è nuova a queste imprese. E così si ripete due anni dopo migliorando il suo record del mondo sulle 24 ore e quello dell’americana Seana Hogan che lo scorso anno l’aveva ritoccato: 2955 giri (738,851 km) compiuti nell’arco di una giornata che significano il nuovo primato mondiale di durata. «No, non c’entra la gloria – racconta la Mei dopo l’impresa- A tutti quelli che mi chiedono chi me lo fa fare rispondo sempre allo stesso modo: io mi sento solo lo strumento per far sì che si parli di una malattia che colpisce alcuni bambini e di cui poco si sa e pochi parlano». Così Anna pedala. Veloce come solo lei sa fare e veloce come il suo allenatore Fabio Vedana le ha scritto sulla tabella di marcia che deve seguire: «La mia concentrazione – spiega – era tutta sul cronometro del velodromo. Sapevo che non avrei dovuto scendere sotto i trenta chilometri orari perchè solo così avrei potuto centrare il record». E così è stato, trenta all’ora come un metronomo, giro dopo giro, senza mai fermarsi se non per mangiare minestroni e frullati che gli ha preparato quel «santo» di suo marito Stefano che lo scorso anno ha sposato, tanto per mettere subito le cose in chiaro, sul Ghisallo la montagna dei ciclisti. Una lunga, difficile, pedalata quella sull’abete siberiano della pista di Montichiari. Con qualche momento di difficoltà fisica come è ovvio che sia in un’impresa così importante ma soprattutto con la difficoltà di non perdere la concentrazione mentre i giri, i minuti, le ore, il giorno e la notte scorrono. Una lunga pedalata preparata con un anno di sacrifici, di allenamenti e di molte rinunce. «La più grande- racconta la Mei– è stata quella di dovere programmare una stagione praticamente senza gare. Che può sembrare nulla ma che per una atleta è una rinuncia importante perchè ti manca il riscontro, ti manca la gratificazione…». Una lunga pedalata senza pensare ad altro nè alla fatica nè al sonno: «Non pensa a nulla- racconta la Mei- O almeno ci si prova. Ci si concentra su ciò che si sta facendo cercando di tenere sgombra la mente da tutto ciò che possa distrarti. In verità poi i pensieri girano e rigirano. Io mi sono ritrovata spesso a recitare poesie, a ripetere strofa dopo strofa il 5 Maggio o alcuni pezzi della Divina Commedia. Ma ho anche pregato molto. L’Ave Maria mi aiuta a respirare e mi fa bene al cuore…»

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