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Ciò che ha sempre fatto del ciclismo uno sport diverso dagli altri sono stati i suoi tifosi. Gente semplice, appassionata, abituata a far fatica e a soffrire anche per regalare l’ applauso di un secondo. Gente che si arrampica sulle montagne come gli stambecchi, che bivacca, che sta ore sotto l’acqua per godersi uno spettacolo che dura pochi minuti. Gente che non ha nemici, che non tifa contro, che magari qualche spintarella in salita la dà ma ce n’è per tutti. Gente che al fumo dei bengala da lanciare in campo preferisce quello di una griglia di salamelle. Non è la retorica del tifo corretto. Però è così. Il ciclismo è popolare perchè è spettacolo ma anche perchè è fatica e rispetto. E’sempre stato così ma qualcosa comincia a rompersi. Lo scorso anno Chris Froome sulle salite francesi è stato insultato, qualche tifoso ( chissà di chi….) gli ha fatto il getso dell’ombrello al suo passaggio e un idiota  gli ha anche tirato addosso dell’urina. Sembrava un po’ di essere allo stadio.  Come sembrava di essere allo stadio poche settimane fa durante il Giro nella cronoscalata dell’Alpe di Siusi con deficienti chi si assommano a deficienti per rubare l’inquadratura di un secondo e mettendo a rischio Nibali e compagni.  E’ vero, è sempre successo, ma adesso succede sempre più spesso e sarà forse l’effetto  di social e telefonini capaci di amplificare tutto, idiozie comprese. Oggi una nuova puntata di questa stupida telenovela nell’ottava tappa del Tour. Chris Froome, che con un numero di classe vera conquista in discesa la maglia gialla, prima in salita dà una gomitata in faccia ad un tifoso che gli corre accanto. Da dietro sembra quasi che voglia solo farsi spazio ma nelle riprese frontali si vede proprio il diretto che va colpire la mascella di un esagitato vestito con una parrucca gialla: “Ho colpito uno spettatore- spiega il capitano del team Sky su Twitter- ma le immagini delle telecamere non mostrano che la sua bandiera stava entrando nella mia ruota anteriore e e attraverso il mio manubrio”. Legittima difesa, insomma. Che in questo caso, ma anche in tutti gli altri casi simili, è più che legittima e soprattutto serve a far capire che il tifo, quallo che ha sempre fatto del ciclismo uno sport diverso da tutti gli altri, è tutta un’altra cosa