baldo“Quando una mattina a sedici anni ti svegli e non senti più le gambe perchè un virus che ha attaccato il tuo midollo ti ha paralizzato dallo stomaco in giù, ti si apre  un buco nero nel cuore. Ti si apre un baratro. Perchè a sedici anni hai tutta un’altra vita in testa…Poi però quando ne vieni fuori ringrazi i tuoi genitori, chi ti ha curato, chi ti ha fatto scoprire lo sport e quella vita te la vai a riprendere. Come prima e più di prima, con una carattere che neanche immaginavi ti vai a riconquistare il tuo posto nel mondo. Insomma te la vai a riprendere come piace a te…” E la vita che piace a Simone Baldini,  sanmarinese di 35 anni, paratleta dell’Asd Triathlon Rimini,  sorriso perennemente stampato sul volto,  domenica fa tappa in Germania, un po’ sotto la Baviera a Roth dove è in programma il Challenge full distance, prova regina del circuito Family. “No, non è una mezza follia- sorride mentre sta cambiando i tubolari alla sua handbike- E’ una follia intera….Però a chi mi chiede perchè lo faccio ripeto sempre che una logica non c’è.  Va fatto e basta. Paure? Le stesse che hanno tutti gli atleti che si preparano ad affrontare una gara dove si deve nuotare per 3,9 chilometri, pedalare per 180 e correre per 42. Sulle distanze sono abbastanza tranquillo perchè mi sono allenato, sul resto vedremo. L’unico vero timore che ho è quello dei guasti tecnici, una foratura, la rottura di una catena. Lì non si può far nulla, bisogna solo incrociare le dita e sperare che non capiti…”. Alex Zanardi escluso,  Baldini è il primo paratleta azzurro a misurarsi su una distanza full. Sfida vera che affronterà su una hand bike per quanto riguarda il tratto in bici e su una carrozzella olimpica per la frazione di maratona. Un’impresa lunga un anno. Costruita giorno dopo giorno con il suo allenatore  Michele Ravagli, con le gare di lunga distanza, con il duro lavoro in palestra e con 21mila chilometri percorsi per arrivare preparato al via: “Non sarà facile e lo so- spiega- Dovrò fare molta attenzione a gestire il nuoto perchè nel canale che affrontiamo mi hanno spiegato che ci sono correnti e la frazione in bici,  che ha un dislivello di 1200 metri. Non poco. Ma sarà dura anche la maratona perchè dopo tanta fatica 42 chilometri sono davvero tanti e anche lì il percorso non è piatto, ci sono 200 metri di dislivello…”. Ma il cuore è già oltre l’ostacolo. Il cuore e la testa volano pensando a ciò che già si è fatto, alle gare finite, alle sfide vinte e a quelle che verranno e a un pezzo di vita che bisogna andare a riprendersi. Perchè di questo si tratta. “Dopo quello che mi è capitato- racconta- quando ho cominciato a fare la riabilitazione a Imola osservavo gente che era in condizioni ben peggiori delle mie e non si arrendeva, la vedevo lottare e ogni giorno fare un passo avanti. Così ho cominciato a ripetermi che per me doveva essere la stessa cosa, che se ce la facevano gli altri dovevo farcela anche io. Sono salito sulla handbike e ci ho preso gusto. Tanto da cominciar a far gare. E proprio in un finale dove mi stavo giocando la vittoria mi sono ribaltato fratturandomi un’anca. Mi sono ritrovato di nuovo immobilizzato a letto e poi in una piscina a far riabilitazione…”. Punto e a capo. Ma chi ha pezzi di vita sparsi qua e là da andare a riprendersi, se non crede che il destino gli sia avverso, ricomincia ogni volta a ricomporre i pezzi del suo mosaico. “E infatti proprio mentre stavo nuotando per rimettermi in sesto-  racconta Baldini- ho conosciuto dei ragazzi che facevano triathlon e mi è venuta voglia di provare…”.  E così dopo l’ Handbike e la nazionale azzurra, l’ Olympic Wheelchair  arriva il triathlon, prima corto poi più lungo, poi lunghissimo. Domenica a Roth si chiude il cerchio. Domenica a Roth si faranno i conti con la voglia si sorprendere e di sorprendersi. Per capire fino a dove si può arrivare e spiegare a tutti quelli che un giorno nella vita si trovano all’improvviso dentro un baratro che c’è la possibilità di venirne fuori. Magari con un sorriso….