Proprio in questi giorni di festa agli ordini del ct Marco Villa  si sono ritrovati nel  velodromo di Montichiari  gli azzurri della nazionale italiana di ciclismo su pista, partendo da Filippo Ganna ed Elia Viviani, punte di diamante di un gruppo che si avvicina con grandi motivazioni ai Giochi Olimpici di Tokyo in programma in estate. Il ciclismo su pista autorizza sempre a rimestare tra i ricordi. C’era una volta il ciclismo dietro motori e adesso non c’è quasi più. C’erano una volta i derny, roba per nostalgici. Roba da Sei giorni. Roba da olandesi e da fiamminghi. Roba per malati della pista dove una volta s’imparava ad andare in bici e a vincere le volate . C”era una volta quella motoretta con i pedali e c’erano una volta quei piloti un po’ strani in tuta e caschetto, metà centauri metà ciclisti, che si portavano a ruota gli sprinter sulle paraboliche dei velodromi. Un pezzo di storia . Un ciclismo da romantici che ora è retroguardia che fatica a sopravvivere e a trovare sponsor. Però il fascino resta. Intatto come spesso capita per le sfide di una volta.  Trenta, cinquanta, settanta, ottanta all’ora a girare in tondo con i derny che si affiancano, si superano, si sfiorano e a volte si toccano. Che diventano tutt’uno con chi pedala in scia. Ciclista e pilota, pilota e ciclista, un corpo solo, un solo respiro, un solo gesto e un’intesa che è un misto di perfetta abilità fino a quando, a qualche giro dal termine, moto e bici si separano come missile e navicella. E ‘alta scuola della velocità dove si spingono rapporti impossibili, le forcelle stanno un po’ più indietro e dove i body sono più attillati che nelle cronometro. Qui si fa lo show e qui i velocisti diventano davvero velocisti. Noi qui facevamo scuola…