E’ una classica, un mondiale, un rito collettivo. Una gara senza pronostico, per velocisti ma non troppo, per scalatori ma non troppo, per favoriti ma non troppo. Sfida per uomini coraggiosi capaci di volate ad occhi chiusi e gomiti larghi, di picchiate giù dal Poggio,  di fughe da 70 chilometri come quella di Michele Dancelli, cinquant’anni anni fa,  che arrivò da solo tra la folla impazzita e con Ernesto Colnago, bici in spalla, ad esultare sul tetto dell’ammiraglia.  La Milano-Sanremo è tutto il ciclismo concentrato in una giornata che non finisce più e che domani la Rai  manderà in onda dal primo all’ultimo minuto. Che è una scommessa ma anche un gesto d’affetto importante che serve a conservare un patrimonio, perchè poi lo sport, e i grandi eventi di sport, quando devi andarli a cercare tra  piattaforme, highlits, codici d’accesso e smartcard perdono un po’ del loro fascino fino a perdersi del tutto.  La Sanremo invece resta lì. Come una volta, come sempre che è il suo bello e il suo fascino. Resta lì da 112 anni che,  quando tutto cominciò nel 1907 davanti a un’ osteria lungo il Naviglio Pavese: un’altra vita e un altro ciclismo.  Al primo via, si presentarono trentatré dei sessantadue corridori iscritti.  Pioveva e faceva freddo come spesso capita a marzo e come il meteo annuncia anche domani. Dubbi non ce ne furono e vinse il francese Lucien Petit-Breton, sotto contratto con la Bianchi, che completò i 281 chilometri del percorso a 26,206 chilometri all’ora di media. Immagini sbiadite che però, sempre più spesso, rivivono nella riscoperta del ciclismo di una volta che sta tornando prepotentemente di moda con la passione del vintage. Da Milano a Sanremo storia di grandi imprese, di vittorie e di sconfitte, di primi e di ultimi perchè pochi sport come il ciclismo e le sue classiche sanno anche celebrare chi arranca in retrovia. Ma anche storia di una città che questa corsa l’ha vissuta e la vive sulla sua pelle, nelle sue strade, nelle piazze, nei suoi luoghi più simbolici. Dalla prima partenza della Conca Fallata a Porta Genova o alla Darsena dove la corsa partì quattro anni dopo. E domani la Grande Corsa riparte, torna sul percorso storico dopo la parentesi dello scorso anno quando tagliò tra le valli per il no di alcuni sindaci della Riviera.  Il rito si rinnova, si torna pedalare nella classica che una volta apriva una stagione che adesso invece gioca d’anticipo in altri emisferi, in altri Paesi dove il ciclismo non esiste ma il business sì. Ma i grancorsini continuano a scrivere una storia a parte fatta di fatica oggi come allora quando si pedalava su bici, pesanti, senza cambi, con un solo rapporto da pianura e un solo rapporto da salita dall’altra parte del mozzo della ruota. Una strada infinita, sempre più o meno la stessa. Milano, la Darsena, Binasco, la Certosa, Pavia, Ovada, il passo del Turchino, Voltri e finalmente il mare. E ancora Varazze, Spotorno, Finale, Pietra, Alassio, Capo Mele e Capo Berta fino alla Cipressa che «screma» e al Poggio che «decide». Non sempre però, perchè i conti si fanno in via Roma. Oggi, se tutto va come dovrebbe andare, a giocarsela dovrebbero essere Mathieu Van der Poel, Julian Alaphilippe e Wout Van Aert  anche se il sogno azzurro sarebbe quello di vedere arrivare a braccia alzate Vincenzo Nibali, Matteo Trentin o Alberto Bettiol. Comunque andrà sarà un successo,  un’emozione  nella scia di Coppi, Bartali, Girardengo, della maglia di Eddie Merckx conservata tra cimeli che si ritrovano nella mostre che seguono da sempre la Sanremo e che ne custodiscono il mito. Bici ed eroi come sempre con la musica che li rincorre come le voci antiche del Quartetto Cetra. Che sembra ancora di sentirli: «Passa la prima Milano-Sanremo e nel polverone ben presto scompar. Dio solo sa quando noi giungeremo, anche il Turchino dovremo scalar. Passa la prima Milano-Sanremo: Petit Breton, Pellissier, Garrigou! Ogni bicicletta chili 33 e una medaglietta solo ai primi tre. Si partì lunedì e arrivammo di mercoledì. Come premio trovammo a Sanremo un bacio, un sorriso e un fior! Fiori di Sanremo per il vincitor». Perchè «Sanremo è sempre Sanremo» anche se in bici è tutta un’altra musica…