Il piacere della bicicletta è quello stesso della libertà, forse meglio della liberazione. Andarsene ovunque, in ogni momento, arrestandosi alla prima velleità di un capriccio, senza preoccupazioni come per un cavallo, senza servitù come un treno…Alfredo Oriani, scrittore e intellettuale faentino del primo Novecento, spiegò magistralmente cosa fosse per lui una bici.  E probabilmente non servono altre parole. Ma ognuno in testa ha la sua bici: per gareggiare, per viaggiare, per andare piano o forte, per far fatica o per non farne affatto se mai è possibile. La bici e tante cose insieme e alla fine finisce sempre per essere ciò che è il suo padrone, che le dà forza, energia, che la fa vivere. Ciò che una bici può essere e diventa è nell’anima, nella testa e nei muscoli di chi le monta in sella. La mia bici negli anni è cambiata e ora va forse un po’ più piano fa qualche gara in meno ma va sempre più lontano.  Silenziosa prende strade più solitarie quasi  a non cercare guai.  E’ una bici prudente e a volte preoccupata. Un esercizio di pazienza e di volontà che si allenano esattamente come si allenano i muscoli. E’ il vento in faccia, purtroppo sempre. E’ una salita perchè il ciclismo ha senso solo in salita. E’ una via più lunga perchè le scorciatoie non servono. E’ l’alibi perfetto per una birra o un bicchiere di rosso. La mia bici è uno scacciapensieri formidabile, capace di rimettere in ordine le idee quando si fanno pesanti e confuse. Non c’è trucco: ma quando i conti non tornano, in bici tornano. La mia bici è la magia che riempie gli occhi di gioia ai bambini così come agli adulti che, proprio per questo, restano per sempre un po’ bambini. La mia bici non fa politica e non ha nessuna presunzione di salvare il mondo. E anche per questo è la bici più bella che c’è….