Stupisce che ci sia chi si stupisca. I trentamila in piazza Duomo per la festa scudetto dell’Inter erano ovviamente prevedibili. E la stessa cosa sarebbe successa se avessero vinto il Milan, la Juve, il Napoli o l’Atalanta. Quindi perchè stupirsi e indignarsi per una vergogna annunciata? Va così dalle nostre parti dove il calcio è l’antidoto più potente a tutte le paure. Ci volevano i tifosi impazziti di gioia per mettere in pausa il Covid e per mandare a “ramengo” settimane, mesi, più di un anno di sacrifici. Sì perchè a nessuno piace starsene e casa, rinunciare, fermarsi in attesa che passi ‘a nuttata. E allora trentamila tifosi in piazza non sono solo la paura di nuovi contagi per una già ribattezzata “variante nerazzurra” ma sono la rottura di una argine culturale che fino a domenica pomeriggio aveva tenuto una nazione diligentemente e responsabilmente alle consegne. Ora infatti chi glielo spiega a chi ha un ristorante che al tavolo si sta solo in quattro e che alle 22, cadesse il mondo, si va tutti a casa? E chi glielo dice a tutti quegli imprenditori che gestiscono centri sportivi e piscine (sì imprenditori perché lo sport non è solo divertimento, ma dà lavoro) che da un anno e più sono chiusi che devono aspettare ancora un po’? Che devono avere pazienza? E a chi vorrebbe riaprire cinema e teatri? Chi glielo spiega che c’è il virus, che lo stipendio è svanito, che bisogna stare distanti, che in sala ci si può sedere un posto sì e due no, che è obbligatorio prenotarsi, che prima che tutto torni normale dovrà passare ancora chissà quanto tempo? E a tutti quelli che in tutti questi mesi avrebbero voluto uscire, divertirsi, abbracciarsi chi glielo spiega che si deve continuare a non farlo? Trentamila tifosi in piazza abbracciati non sono solo un problema sanitario. Sono il rischio che tutti gli altri, tutti quelli che fino ad oggi hanno fatto ciò che Conte e Draghi hanno chiesto loro di fare, ora si sentano dei fessi. E ha un bel dire il prefetto di Milano che chiudere piazza Duomo sarebbe stato peggio…