L’Amstel Gold Race, qualche settimana fa , l’aveva vista a bordo strada come uno dei tanti appassionati che si emozionano al passare del gruppo. Mascherina chirurgica sul viso, jeans, un giubbotto scuro in pelle stretto sulle spalle l’immagine di Tom Dumoulin aveva fatto prima il giro delle tv e poi quello dei social. E’ stato un attimo, come il passare della corsa, ma è bastato per spiegare a chi aveva detto o pensato che il mondo del ciclismo gli fosse venuto a nausea, e proprio per questo se n’era andato, che forse cosi non era. Che forse la passione ancora c’era. Che forse s’era preso davvero solo una pausa per riavvicinarsi ai suoi affetti, per riprendersi un po’ della vita che il professionismo gli stava portando via. Che forse stava solo cercando il tempo per iscriversi a medicina. Che forse non era per sempre. Così, dopo uno stop di quasi quattro mesi, il campione del Team Jumbo-Visma, già vincitore del Giro quattro anni fae di un mondiale, sarà al via del Giro di Svizzera, in programma dal 6 al 13 giugno prossimo. Lo riporta il sito olandese WielerFlits. Dopo il Giro di Svizzera potrebbe partecipare ai campionati nazionali olandesi, a cronometro (16 giugno) e su strada (20 giugno), sperando di essere selezionato nella prova a cronometro alle Olimpiadi di Tokyo, prevista il 28 luglio. Insomma si riparte, probabilmente con meno frenesia, ma si si riparte. Nel ciclismo non ci sono pause. C’è un copione preciso e tutti sono chiamati a fare la loro parte. Ingranaggi di un meccanismo che gira a mille che moltiplica all’infinito appuntamenti e aspettative. Tom Dumoulin a 30 anni all’improvviso aveva detto stop.  Era sceso dalla bici: “Sento che è diventato molto difficile per me orientarmi come ciclista- aveva spiegato nel gennaio scorso- Voglio che la squadra sia felice con me, voglio che gli sponsor siano felici, voglio che mia moglie e la mia famiglia siano felici. Voglio il bene di tutti. Ma io cosa voglio davvero? Voglio ancora essere un ciclista? Se sì, come? Devo scoprirlo…”. Probabilmente l’ha scoperto…