A Foligno la tappa dieci del Giro 104 la vince “petersagan” , tutto attaccato. Non è un caso. Peter Sagan è petersagan perchè nome e cognome insieme saldano tante cose, non solo di ciclismo. Classe, estro, velocità, destrezza, follia, vittorie, mondiali, immagini e storia di uno sport che lo consacrerà, e un po’ lo ha già consacrato, tra i campioni assoluti. Richmond, Doha, Bergen tre volte campione del mondo, come nessuno mai nella storia del ciclismo, come solo  lui poteva e ha saputo fare. Diciottesima vittoria in una grande corsa a tappe e come sempre  Sagan non vince, emoziona . Il segreto è tutto qui. Sprintano in tanti, scattano in tanti e vincono in tanti. Ma Sagan conquista. Con la leggerezza dei grandi, con la maturità di un campione che non sbraita quando per una gomitata lo sbattono fuori da un Tour , con la delicatezza di un uomo che dopo tre titoli mondiali non fa proclami. Ed è anche per questo che  gli altri vincono ma Sagan, anche adesso che gli anni passano ed è sempre tutto più complicato, ci mette sempre qualcosa in più.  Non il colpo di reni, gesto antico e di tecnica pura, da funambolo che sa cogliere l’attimo e che gli fa mettere mezza ruota davanti a quella di Fernando Gaviria.  Sagan ci mette la faccia disincantata, il suo italiano ssghemb0, lo sguardo guascone a volte triste a volte irriverente mezzo nascosto dalla mascherina, la semplicità di un grande in un mondo che spesso si prende maledettamente sul serio.  L’eterno ragazzo di Zilina è il “bambino” che tutti vorremmo essere quando sprinta, quando fa i numeri saltando sui cordoli o impennando in salita, quando stupisce in mountainbike, quando s’inventa attore per gli spot del Giro d’Italia. Gli viene facile e gli viene bene. Non sono i campionati del mondo a incoronarlo, semmai è il contrario.  Ci sono maglie iridate  finite sulle spalle di illustri sconosciuti che le hanno portate in giro per il mondo nel più completo anonimato.  Ci sono campioni del mondo che nessuno più neanche sospetta e neanche immagina. Sagan invece ce lo ricorderemo tutti.  Ci ricorderemo quel suo scatto sul pavè  a Richmond, la volata di Doha , lo sprint di oggi a Foligno  allo stesso modo della “fucilata” di Beppe Saronni a Goodwood . Stessa pasta. Gesti consegnati alla storia, per sempre.  Sagan è la rivoluzione anche quando il ciclismo non promette imprese, in una tappa piatta, in un trasferimento, in testa o in fondo al gruppo. E’ l’incoscienza e il coraggio, è la miscela esplosiva  che comunque fa sempre la differenza. In bici ma anche quando non pedala. E’ il personaggio che fa la gioia di tifosi e giornalisti. Che prende a insulti un cameraman della Vuelta che per filmarlo rischia di farlo atterrare sull’asfalto, che pizzica il sedere di una miss sul podio e fa imbufalire Fabian  Cancellara, che poi  le manda un mazzo di fiori per scusarsi. Alla miss. Peter Sagan è quello che dopo la vittoria del terzo mondiale che lo consacra stella di primaria importanza in un mondo che è sport ma anche contratti, sponsor, marketing e soldoni,  se ne frega di tutto e di tutti se ne va con quattro amici al pub a festeggiare con un birra. Peter Sagan primo a Foligno è un bel lampo di luce. Peter Sagan e petersagan. Tutto attaccato.