Magia della Nove Colli che riporta un po’ di normalità dopo due anni di pandemia, di rinvii, di pause, di date spostate, di attese, paure e speranze. Sono 9.017 i cicloamatori iscritti alla cinquantunesima edizione che si correrà il 22 maggio e che torna alla sua collocazione abituale dopo lo spostamento a settembre dello scorso anno. C’è la “carica” degli italiani con  con 8.059 iscritti  ma anche una nutrita pattuglia di 958 stranieri con ben 46 nazioni rappresentati e appassionati in arrivo anche dall’Ecuador, dalla Costa Rica, dal Nicaragua, dall’India, dal Cile e dalla Bolivia. Risultano iscritti anche due ciclisti di nazionalità ucraina. Magia della Nove colli. Magia della sfida più antica che  riporta un grande evento popolare di ciclismo in una terra di ciclisti. Un rito di storia e passione,  di sveglie all’alba,  di guanti, bandane e manicotti che spariscono alle prime luci non appena da Cesenatico ci si avvicina ai  fianchi delle colline su cui si arrampica un serpentone infinito di bici, lenta processione per una fatica che non porta a nessuna redenzione. Nove colli fanno una delle granfondo ciclistiche più dure e affascinanti in circolazione, forse la più famosa, forse la più accogliente, forse anche la più glamour, passerella di volti noti e meno noti . Granfondo dove c’è la coda per far fatica, per strappare il biglietto che dà diritto a pedalare sulle strade dell’appennino dove sono passati i campioni ma soprattutto dove è passato un campione, un campione solo. Quel Marco Pantani che qui è nei bar, nelle bacheche tra le foto dei ristoranti, nelle vie, nelle piazze, sulle bici della gente che pedala, nel cuore di chi lo ha visto, lo ammirato e non se lo scorda più . Una narrazione infinita che si perde nel tempo. Era il 1971 quando, di ritorno da una gara fatta in Svizzera, tre amici del fans club Fausto Coppi fondato nel Bar del Corso di Cesenatico decisero che era arrivato il momento di dar vita a una corsa che regalasse ai suoi audaci partenti un “Brevetto appenninico” che emulasse e addirittura superasse quello alpino svizzero. Detto fatto si misero subito all’opera e il 20 maggio 1971 partì la prima edizione della Nove Colli, il primo trofeo “Cicloturistico Audax di Gran Fondo Sociale“. Erano in 17 e cominciarono la loro fatica alle 5 del mattino dal loro ritrovo abituale: il bar del Corso. Fu il primo tassello di una Nove Colli, che oggi è un gioiello che ci invidiano anche dall’estero. Cuore e passione più che ragione. Sfida di minuti, secondi, di mezze ruote messe davanti di un nulla a quelle degli amici, di battibecchi e prese di fondelli al bar, di caffè, spritz, cene scommesse, vinte e perse. Qui c’è differenza tra chi si depila e chi non lo fa, tra chi in salita arranca e chi vola via, tra chi sul mitico Barbotto mette il piede a terra e chi scatta per andare in fuga. Qui il ciclismo è musica. Tante note. Dalle mazurche di Casadei al rock che ti lascia senza fiato, che ti rapisce in un mangia e bevi che diventa sempre più duro più passano i chilometri, che ti porta a battere un tempo che sembra scorrere via in un attimo in una mattinata che diventa la festa di sport di un entroterrra che nasconde chissà quali tesori. E’ la Romagna che non ti aspetti. O forse sì che te l’aspetti. Ed è per questo che tutto vogliono venire a correre qui. Quest’anno sono 9.017: un fiume in piena che si porta via anche un bel po’ di pandemia…