“Sold Out” anche se, parlando di Strade Bianche, sarebbe meglio dire tutto esaurito. Il 5 marzo a Siena, all’indomani della gara dei professionisti, saranno 6.500 gli iscritti alla sfida degli amatori organizzata da Rcs Sport. Un record, così come un record, sono le presenze straniere da Inghilterra, Paesi Bassi, Francia e Germania. Un percorso da 138 chilometri, con 1900 metri di dislivello e 42 chilometri di sterrato dove a fare la differenza non è  non è l’ultimo muro, tremendo, di Santa Caterina al 18 per cento prima di arrivare in piazza del Campo.   La differenza della Strade Bianche è che è una corsa che riavvolge il nastro di un ciclismo che forse negli ultimi anni è andato troppo veloce e nel cammino ha perso  un po’ della sua storia. Troppa fretta, troppa tecnologia, troppe gare, troppi interessi, troppe moto, troppo di tutto a confondere mito e leggenda con tappe inutili e ordini di arrivi non sempre all’altezza. Alle Strade Bianche non succede. Basta guardare i nomi di chi ha vinto su questi sterrati per capire che non è mai per caso: da Cancellara a Kwiatkowski, da Stybar ad Alaphilippe, Van Aert, Van der Poel.  Ciò che fa la differenza qui è l’intuizione , anni fa, di Giancarlo Brocci un medico appassionato e visionario che le ha pensate e immaginate, la sfida antica, eroica, da uomo solo al comando tra polvere o fango, tra vigne, filari, casali e contrade che sanno d’altri tempi, tra  cipressi alti, schietti e giovinetti. Una sfida che porta a riscoprire l’anima e la meccanica del ciclismo che si alza sui pedali con la forza che serve per saltare via brecciole, buche e cunette che ti si parano davanti su salite che non ti aspetti. Con le ruote che slittano, s’infangano, si fermano sugli strappi più duri, con le incognite di un guasto o di una foratura che sfuggono tattiche e algoritmi.  Ciò che fa la differenza nelle Strade Bianche è che la storia è tornata recente e ha riportato il ciclismo al centro e alla  sua origine. Che è un’origine semplice, popolare,  che capiscono tutti senza necessità di intermediari:  vince il più forte, punto. Non c’è trucco e non c’è inganno. E non serve essere esperti, arrovellarsi sulle tattiche, sfinirsi in discussioni su formazioni e moviole per capire come andrà a finire, per scommettere e pronosticare: basta avere pazienza, guardare e godere. Il resto vien da sè: ed è sempre il meglio.