Finalmente Wout Van Aert. Finalmente vince van Aert dopo tanti secondi posti, tante volate sfuggite di un nulla, tante volte in cui poteva, avrebbe meritato, non c’è riuscito, ha ceduto il passo… Wout van Aert centra la vittoria al Tour of Britain e va al comando della classifica generale: tappa è maglia si dice in questi casi. Terza vittoria della stagione per il belga dopo quella di Harelbeke e dopo il rimo posto nella crono del campionato nazionale. Che per uno come lui forse (senza forse) è un po’ poco….Che poi suona strano e suona male perchè il campione della Jumbo è sempre là davanti, sempre in corsa, sempre pronto  dar battaglia, a chiudere, ad aiutare i compagni di squadra, a scattare, a rincorrere a sprintare. Così anche oggi sul traguardo di Felixstove quando tutti  si aspettavano un altro arrivo allo sprint con una progressione impressionante è partito da solo e ha messo in fila tutti. Fine dei discorsi.  “E’ sempre complicato fare ciò che ho fatto oggi- ha raccontato il 28enne di Herentals al traguardo- Ieri sera abbiamo visto l’arrivo e, un po’ seriamente e un po’ per gioco, abbiamo iniziato a pensare che sarebbe stato possibile provare ad anticipare la volata. Ho provato ma inizialmente non pensavo di farcela, i miei compagni mi incitavano per radio e quando mi sono guardato alle spalle ho capito di essere riuscito a prendere spazio e capito che il piano stava riuscendo…”. Non si vince così per caso e soprattutto e non se lo possono permettere in tanti. Ma van Aert è van Aert, fuoriclasse assoluto di classe cristallina, capace di tutto e di giocarsela con tutti,  campione forse a volte troppo generoso, poco tattico, troppo genuino nella sua voglia di dare spettacolo. Ma non si discute, non si può discutere. Qualche anno fa a Cambiago, festeggiando il fresco mondiale di ciclocross che Van Aert aveva vinto a Zolder con la sua bici e i suoi colori, Ernesto Colnago lo battezzò all’istante:  «Pane, salame e pedalare, questo qui è uno che va lontano…Ques chi farà strada…”.  E così fu.  Di campionati del mondo ne sono arrivati altri senza contare i titoli nazionali e le vittorie nel superprestige,  le vittorie sulla strada, le Strade Bianche, la Sanremo. Un campione universale al tempo dei campioni specifici, uno che dà l’impressione di poter primeggiare sempre e ovunque: decide e vince, questo pare… Ed  Ernesto Colnago lo sapeva, l’aveva capito subito. Pare ancora di sentirlo l’Ernesto mentre accompagnava quel ragazzino un po’ timido,  col ciuffo impomatato di gel  tra i tubi in carbonio del suo stabilimento e poi a vedere il suo museo con le bici che hanno fatto la storia del ciclismo da quella di Franco Ballerini alla Roubaix a quella del mondiale di Goodwood di Beppe Saronni. Lui ci aveva scommesso subito e quando gli avevano detto di fare la squadra per partecipare al mondiale di ciclocross non ci aveva pensato un attino. Ed infatti era arrivato il titolo, il 53mo per una bici Colnago. Poi ognuno era andato per la sua strada.  E quel ragazzino esile di quasi un metro e 90 aveva messo muscoli e potenza. Ora il “signorino” belga” è uno dei magnifici del ciclismo mondiale anche se spesso spreca e un po’ e dà l’impressione di buttarsi via. Che se solo ci mette un po’ la testa…