Nicole Cooke al Museo del Ghisallo: due maglie, una bici e la sua storia
C’è chi le rivoluzioni riesce anche a farle in bici. Magari sprintando, magari vincendo medaglie, magari classiche, Giri, Tour…. Magari mettendo a nudo un mondo che , anni fa, aveva preso derive pericolose. Nicole Cooke fa visita al Museo del Ghisallo, che ufficialmente riaprirà il primo marzo, e porta in dono la maglia di campionessa del mondo su strada conquistata a Varese nel 2008, la bici usata nel Giro d’Italia vinto nel 2004 e la maglia rosa che allora ne consacrò il primato. Ma non sono solo maglie e biciclette. C’è tanta storia dietro, c’è un mondo da raccontare, di vittorie, di record, di talento ma soprattutto c’è un ciclismo che, allora, per le donne non era certo quello che ammiriamo oggi. Ai tempi di questa grandissima campionessa gallese, nata a Swansea trentotto anni fa, il ciclismo femminile non era quello che è diventato oggi e per le donne si trattava di un professionismo lontano, per organizzazione e business, da quello attuale. Erano gli anni “turbolenti” dei dubbi e dei sospetti, di situazioni spesso in chiaroscuro: ” Ho corso da professionista su strada dal 2002 al 2012 e mi sento una privilegiata- raccontò nel gennaio del 2103 nella sua lettera d’addio all’attività agonistica che diventò anche un atto d’accusa contro un ciclismo che con gli scandali del doping e l’abuso di sostanze aveva imboccato una strada buia- Ho potuto viaggiare per il mondo facendo qualcosa che mi entusiasma davvero e mi dà grande piacere. Il fatto di essere riuscita a soddisfare il desiderio interiore di una dodicenne di poter correre in bici e collezionare maglie da primato è stata una gioia infinita. Il ciclismo era, e continua a essere, uno sport dominato dagli uomini e l’uguaglianza da molti punti di vista ha ancora molta strada da fare…”. Un addio che lasciò un vuoto per una campionessa assoluta che smise di pedalare dopo aver vinto tutto o quasi: tre ori ai Mondiali su strada junior (Plouay 2000 e Lisbona 2001), due medaglie nella mountain bike (argento in Sierra Nevada nel 2000 e Oro a Vail nel 2001, il Giro d’Italia nel 2004, il Tour de France femminile nel 2006 e gli ori ai Giochi olimpici di Pechino nel 2008 e ai Mondiali su strada di Varese nello stesso anno, unica donna a riuscirci nel mondo del ciclismo. E poi Fiandre, Freccia Vallone, Amstel Gold Race, gare di Coppa del mondo e si potrebbe quasi continuare all’infinito. Decise di scendere da una “giostra” che ormai era diventata solo “montagne russe” e, dopo una vita in sella, aveva capito che quello non era più il suo tempo ma probabilmente non era più neppure il suo mondo: “Spero di guardare avanti tra 10 anni e vedere una ciclismo femminile su strada vivace e sano- scriveva ancora nella sua lettera d’addio- E tutto ciò succederà quando le atlete saranno trattate con lo stesso rispetto e la stessa considerazione dei loro colleghi maschi…”. Ecco perchè stamattina al Museo del Ghisallo Nicole Cooke non ha portato solo due delle sue tante maglie vittoriose e una sua bici consegnandole nella mani della direttrice Carola Gentilini e del presidente della Fondazione Antonio Molteni, ma ha consegnato loro un pezzo della sua storia e di ciò che ha significato e oggi significa per il ciclismo delle donne. La promessa è di ritornare l”8 marzo per la Festa della donna per approfondire in un “talk” i temi chiave del ciclismo femminile e dello sport di genere. Un “Cooke day” che, con la Fondazione Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo, sarà dedicato al ricordo della azzurra Sara Piffer, tragicamente scomparsa in un incidente assurdo mentre si stava allenando sulle sue strade in Trentino, per sensibilizzare il mondo sulla sicurezza stradale, tema fondamentale per il mondo del ciclismo e non solo.