Mauro Corona, bandana e barba incolta,  è un alpinista scultore un po’ filosofo. Parecchio filosofo.  Come tutti sogna il migliore dei mondi possibili e, come tutti, se potesse scegliere lo vorrebbe come immagina lui. Qualche tempo fa l’hanno chiamato per una serata dal titolo “Le montagne d’Italia. Una testimonianza sui vinti e sui marginali” per i 100 anni dalla Grande Guerra, i 50 dal Vajont, i 30 da Stava. Gli hanno fatto una domanda da niente e cioè da che parte va il mondo. Da dove si comincia per ricominciare, da quali valori, da chi.  E lui non si è tirato indietro. Da sportivo qual è ha messo i bimbi e  lo sport davanti a tutto. Ma non lo sport come semplice esercizio fisico, perchè lo sport è molto di più. E’ una forma mentis, è cultura, è il metodo per affrontare le cose e anche un po’ la vita. Certo non basta. Ci vuole molto altro ancora per ricompattare una società che sta virando pericolosamente su altre priorità. Però, senza mai desistere, spiegando ai più piccoli il significato di sport, passione, coraggio, cultura e onestà  si fa di certo un buon investimento. Dice Corona: «Come si fa a creare una società nuova in cui poter vivere tranquilli, senza distruggere tutto ciò che ci circonda? Uccidiamo la montagna e stiamo uccidendo il mare. Ogni mamma deve iniziare a tirare su in modo diverso i suoi piccoli. Non cambierà nulla finché cresceremo bambini da 800 euro a vestito, avviati a comprare una Audi da 80.000 euro. E che corrono verso la cementificazione e si beano nel turismo di massa. La causa di tutto è l’uomo, la sua cattiva educazione, sin da bambino. Un genitore maldestro e sciagurato non deve poter imporre una formula distruttiva a suo figlio». E come dargli torto?