_79161076_hailegebrselassie1L’Etiopia apre la strada. E davanti, come è stato spesso quando correva, a dettare il passo più veloce c’è Haile Gbreselassie, olimpionico dei 10.000 ad Atlanta 1996 e Sydney 2000,  primatista mondiale di maratona e  da poco più di un mese presidente della federazione etiope di atletica leggera. Gebre allunga il passo e prova a mettere un paletto fondamentale sul doping su cui si fanno più chiacchiere che fatti. Esami, controesami, ricorsi, sospensioni, riabilitazioni tante possibilità su una pratica vietata e sleale che invece per essere ( forse) debellata non meriterebbe seconde chanche. L’Etiopia è uno dei Paesi più pesantemente coinvolti  negli scandali di doping. Una realtà nota, con cui il neo presidente Gebreselassie si è trovato subito a fare i conti. Un “cancro” che non poteva essere curato con un antibiotico ma che aveva bisogno di un intervento deciso da cui ripartire. Una “tolleranza zero” che recidesse malattia e metastasi. Così senza pensarci troppo Gebre ha deciso di imporre la squalifica a vita per chiunque faccia uso di doping. Un inasprimento che è pero un vera e propria rivoluzione culturale rispetto alle sanzioni di Cio e Iaaf che prevedono che gli atleti positivi all’antidoping, dopo aver scontato squalifiche pesanti, anche di 4 anni, possano tornare a gareggiare anche ai Giochi Olimpici e che fanno scattare la radiazione solo in caso di recidiva.  “La squalifica a vita è  l’unica via- ha spiegato il presidente della federazione atletica etiope- Non ci sono scuse per chi ha truffato lo sport. Da oggi chi non supera i test ed è squalificato per 4 anni verrà automaticamente radiato”. Non solo. Già nei prossimi giorni cominceranno i test antidoping per oltre 200 atleti etiopi di primo piano. L’obiettivo è dare un segnale al mondo che l’Etiopia sta lottando contro il doping per far sì che venga cancellata dalla lista “nera” stilata dal presidente Iaaf Sebastian Coe, che vede coinvolte anche Kenya, Marocco, Ucraina e Bielorussia.  Ma il vero scatto in avanti è un altro. Squalificare a vita chi fa uso di doping, senza perdoni, seconde chanche o ripescaggi per buona condotta significa mettere in chiaro una volta per tutte le regole del gioco.  Significa spiegare a tutti che il rischio è la radiazione e poi ognuno faccia ciò che vuole a proprio rsichio e pericolo. “Liberi” di doparsi quindi,  ma nella certezza che se si viene “beccati” il gioco è finito. Senza se e senza ma…