nibLa sfida continua nel Bahrain ma ciò che è fatto resta.  Ed è storia.  Che Vincenzo Nibali ieri ha messo insieme ad Extratime  su RadioUno,  la trasmissione di Paolo Zauli condotta da Massimiliano Graziani dove lo sport si racconta. Fuori dai campi di gara, quando il cronometro non scorre,  tra le righe di personaggi, atleti, gioie, fatica, vittorie e sconfitte.  E quella di Nibali è una storia importante, grande come può essere quella di un ciclista moderno che ha scritto pagine antiche vincendo, come a pochi è capitato, Giro, Tour e Vuelta, la tripla corona: “Mi manca solo il mondiale- ha spiegato agli ascoltatori di RadioUno- la maglia arcobaleno è un mio sogno anche perchè poi la tieni sulle spalle un anno intero…Mi piacerebbe anche se sono già soddisfatto di ciò che ho fatto”. Non è finita. Dalla Bahrain-Merida si riparte e non sarà un riposo dorato da fine carriera: “Oggi si corre fino a trentasette, trent’otto anni- spiega – anche se poi un campione lo capisce quando può bastare. Questo lavoro è passione ma soprattutto uno stile di vita…”. E forse il segreto per correre e continuare a vincere  è tutto lì. Istinto e tattica. Più istinto che tattica anche se nel ciclismo di oggi sono radioline e computerini a dettare i tempi: “Sì però durante una gara non si deve pensare troppo- racconta Nibali– Non bisogna aver paura di fare una mossa”. Scattare in salita e magari scattare anche in discesa, come al Lombardia, due anni fa, con il tricolore che tornava così ad avvolgere una classica monumento dopo sette anni di vittorie stranire: “La gara più bella che ho vinto- ricorda- Se dovessi scegliere, forse quella a cui tengo di più…”. Più del pavè di Sheffield che in un certo senso gli consegnò il Tour, più della tappa vinta a Sant’Anna di Vinadio che quest’anno gli ha riconsegnato un Giro che sembrava già vinto da Chavez. E’ un nastro che si riavvolge, con la magia della radio che fa rivivere maglie e vittorie con la voci degli inviati sulle moto, con quelle degli amici di Messina che l’hanno visto crescere, che l’hanno soprannominato “squalo” per come correva, perchè attaccava sempre, perchè non stava mai fermo. Con quella di suo cugino Cosimo che racconta le difficoltà a scuola, i brutti voti e la prima bici tagliata in due suo padre con un flessibile perchè in classe aveva picchiato un compagno: <Sì è vero- ricorda Nibali- me la tagliò in due per punizione e ci rimasi malissimo…Poi però me la saldò, la riverniciò e tornò esattamente come prima…”. E tutto ricomincia. Oggi come allora, come sempre. Perchè, come ricordava Fiorenzo Magni: “Nibali? Ha cuore, testa e gambe…”. E nel ciclismo è ciò che serve.

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