Quello che c’è e quello che non c’è. C’è la pandemia, c’è il lockdown e c’è il coprifuoco.  C’è una emergenza sanitaria, ce n’è una economica e stiamo cominciando a fare i conti con una emergenza sociale soprattutto per quanto riguarda gli adolescenti che stanno crescendo senza scuola e senza sport. L’attività sportiva è stata, ad eccezione per gli atleti agonisti, di fatto cancellata, spazzata via da un anno di chiusura di impianti sportivi, campi di calcio, di basket e  piscine. La scuola è ridotta a un surrogato che si affida alla didattica a distanza con tutte le difficoltà e tutti i limiti che la buona volontà di tanti non basta a rendere dignitosa.  E i numeri, come sempre, spiegano meglio di tante parole il “disastro” che si sta consumando. L’allarme arriva dallo  studio di Parole O_Stili e Istituto Toniolo, condotto con il supporto tecnico di Ipsos: dopo un anno di didattica a distanza, oltre il 40% degli studenti ha percepito un peggioramento nelle proprie attività di studio e il 65% fatica a seguire le lezioni. Il 96% durante la Dad ha chattato con i compagni, l’89% è stato sui social media, l’88% ha consumato cibo e il 39% ha cucinato. L’indagine è stata condotta su oltre 3.500 studenti della scuola secondaria di secondo grado e su circa 2.000 insegnanti della scuola primaria e secondaria. Tra le mancanze più evidenti c’è la distanza “relazionale” tra i compagni di classe e tra studenti e professori: 1 su 4 ha sofferto un peggioramento del rapporto e del dialogo con l’insegnante e il 77%  non vede l’ora di tornare in presenza. ” Studenti, docenti e genitori sono stati un po’ abbandonati in questo lungo anno di didattica a distanza  – afferma Rosy Russo, presidente di Parole O_Stili – Vivere il digitale non si improvvisa, richiede educazione e cultura. È per questo che chiediamo al Ministero dell’Istruzione di introdurre in tutte le scuole un’ora di cittadinanza digitale alla settimana a partire dal mondo dell’infanzia”. “La didattica a distanza è stata vissuta con molta difficoltà e fatica dalla grande maggioranza degli studenti italiani.” – afferma Alessandro Rosina, Docente di Demografia e Statistica Sociale (Università Cattolica) e coordinatore scientifico di Laboratorio Futuro dell’Istituto Toniolo – Non è questa la scuola che desiderano. La mancanza dell’interazione diretta, della dimensione relazionale di classe, assieme ad un uso delle nuove tecnologie adattate alle modalità di lezione tradizionale, ha impoverito tutte le dimensioni del processo formativo, riducendo motivazione e impegno soprattutto nelle componenti più fragili a rischio di abbandono”.  E il pericolo più grande è proprio questo visto che l’Italia con il 13.5 per cento è uno dei Paesi europei dove si registra la percentuale più alta di adolescenti che lasciano anzitempo gli studi dell’obbligo. Se poi si aggiunge che, solo in questo anno di pandemia, la previsione di abbandono dei ragazzi nei tesseramenti delle Federazioni sportive potrebbe raggiungere un -30 per cento la frittata è fatta.