Da Palermo a Torino dove, nel Museo Egizio, in questi giorni è esposta la maglia rosa di Fausto Coppi. Ma il presente è il rosa di Filippo Ganna che per il secondo anno, unendo in una pedalata infinita Sicilia e Piemonte, si rimette addosso  la maglia del Giro. Non accadeva dal 1984 che per due edizioni consecutive un italiano vincesse la prima tappa e l’ultimo a farlo era stato nientemeno che Francesco Moser. Quindi Ganna è in ottima compagnia. Parte il Giro e lui arriva puntuale come i treni di una volta,  si mangia quasi nove chilometri di prologo a quasi 59 all’ora. Pazzesco. Il 24enne campione del mondo della Ineos si mette dietro un altro ragazzone italiano della sua “razza” Edoardo Affini della Jumbo Visma che arriva a 10 secondi forse anche perchè sbaglia una curva ma che spiega meglio di ogni altra chiacchiera quanto la pista sia una fucina di campioni e quanto il movimento azzurra goda di ottima salute. Ma torniamo a Ganna. Questo ragazzone di Verbania di  un metro e 93 centimetri per 8o e passa chili, forse più adatto al basket e alla pallavolo, è la sintesi perfetta tra potenza e armonia e sembra “progettato” apposta per andar forte in bici. E non solo a cronometro. Dove possa arrivare forse non lo sa neppure lui come ha fatto vedere lo scorso anno in salita schiantando tutti sulla Sila ma oggi sulle rive del Po spingendo un 60×11,  rapporto assurdo per tutti gli altri esseri umani, ha vinto senza dar neppure l’impressione di far fatica. Sembra fermo eppure vola che più che un’immagine è una premonizione di gloria cucita addosso a un predestinato. Scriveva quel genio di Gianni Brera: “In fondo, la bicicletta altro non è che una povera bonaria concessione alla nostra ansia di andare. Dunque uno strumento.  La costruirono utile ma certo antiestetico complemento della loro natura comune, uomini che il genio non innalzava. E rimase poi sempre com’era, nel suo concetto fondamentale: un aiuto alle nostre povere gambe negate al moto veloce. Uno strumento suppletivo. Sinché non venne allo sport Fausto Coppi…”. C’è una maglia rosa esposta al Museo Egizio e ce n’è un’altra sulle spalle di un ragazzo che l’aveva indossata per la prima volta l’anno scorso a Palermo e oggi se l’è ripresa a Torino. Dove eravamo rimasti?