Solo chi va in mountain bike sa qual è il rumore di una mountain bike. E’ un suono intenso che si fa via via più sordo quando si comincia a spingere sui pedali e la velocità sale. Non un sibilo. Più simile al suono di un utensile in un’officina perchè la mountain bike non è una bici da signori. E’ più roba da operai delle due ruote, nulla a che vedere con gli aristocratici della strada sempre tirati e puliti anche un po’ “fighetti”. E solo chi va in mountain bike sa quanto quelli che pedalano sulle bici da corsa non li vedano di buon occhio. Quanto ci tengano  a non tenerseli in scia. Quanto ci provino, in tutte le maniere, a scrollarseli di dosso.  Ma torniamo al rumore delle ruote. Che non è sempre uguale. Dal suono sordo dell’asfalto a quello più secco dello sterrato che sembra di essere al telefono quando la linea è disturbata, a quello infernale delle pietraie quando si pedala sul fianco di qualche fiume. E poi c’è l’acqua, a volte all’improvviso. Tanta, tantissima, da tutte le parti. Che all’inizio è un mezzo shock che ti dà un brivido sulla schiena, che ti inzuppa i piedi e ti raffredda il sudore addosso. Poi ci si abitua e, a giugno, diventa quasi piacevole perchè spazza via quell’umidità delle pianure che ti si è appiccicata addosso.  Quando si pedala sotto il diluvio il rumore è costante,  non cambia. Asfalto, sterrato o sponde del Naviglio il suono è sempre lo stesso: secco, sottile, più sinistro quando devi curvare secco o più aperto quando prendi una pozzanghera in pieno. I freni sibilano e vanno sempre più lunghi, l’acqua dalle ruote ti schizza in faccia, sulle gambe, dove capita. Ma la cosa strepitosa è che pedalando in mezzo ai boschi del parco Sud quando viene giù un mezzo finimond0  non c’è nessuno.  Non un’anima viva. Resti solo,  in un silenzio irreale e magico. Con il  dubbio se sentirti un po’ eroe, un po’ incosciente o forse solo un po’ fesso…