“No non vengo in bici,  ci vediamo sù al Ghisallo, salgo in auto…”. La prima volta che ho incontrato Guido Rubino, anni fa in occasione di un test riservato alla stampa, per la prova di un ciclocomputer devo ammettere che non è stata una prima volta da applausi. Pioveva, faceva freddo e  poi un romano che vive e lavora a Varese e non pedala…Boh.  Poi però era andata meglio. Molto meglio. Anche perchè, davanti a un fiasco di Chianti e un piatto di pappardelle al cinghiale alla vigilia di una Eroica a Buoncovento, è difficile non intendersi.

Guido Rubino è una delle voci italiane più autorevoli della divulgazione ciclistica tecnica, suo il sito di riferimento Cyclinside.it, ma è soprattutto un innamorato della bici e del ciclismo, materia di cui parla volentieri e di cui ( per fortuna) scrive. Da poco è in libreria il suo ultimo libro “La bici da corsa” edito da Hoepli in cui la bici la bici da competizione viene raccontata e spiegata in ogni suo componente ma ci sono anche capitoli dedicati al recente fenomeno del gravel, che viene erroneamente pensato come una derivata del ciclocross, alla bici da pista, a quella da cronometro con capitoli dedicati alle nuove e-bike di alta qualità e una disamina con occhio moderno al revival delle bici vintage, riemerse dalle cantine soprattutto grazie al fenomeno dell’Eroica e delle sue varie derivazioni ciclostoriche.

In 250 pagine si passa in esame il “mezzo più efficiente mai escogitato dall’umanità per muoversi”.  Si parte dal telaio e dai suoi materiali, si spiegano le differenze tra geometrie e il loro senso, la componentistica, l’elettronica, gli aspetti del regolamento Uci che impone degli standard minimi da rispettare, a partire dal peso complessivo che deve essere non inferiore a 6,8 kg per motivi di sicurezza, passando al senso dei freni a disco moderni, nati per non surriscaldare i cerchi in carbonio con i tradizionali -ed efficientissimi- freni a calibro. “Con questo libro -spiega Rubino all’Adnkronos- cerco di spiegarne particolarità e segreti per riportarla a una comprensibilità che deve essere insita in ogni bicicletta. È questa che fa sentire autonomi e liberi in sella, a qualsiasi livello di pedalata, da gara o da passeggio”. E poi il contributo che lo sport ha dato all’evoluzione di questo mezzo: “In origine la bicicletta era una sola  e i primi giochi tra amici per vedere chi andava più veloce si effettuavano con l’unica tipologia a disposizione allora, il mezzo primigenio che oggi chiamiamo “da passeggio”- scrive Rubino- Da quelle prime esperienze alla ricerca, via via sempre più fanatica, dei tre elementi fondamentali per la prestazione, ovvero leggerezza, scorrevolezza e capacità di frenata, si è arrivati alle bici moderne  che sono vere e proprie opere ingegneristiche “