La Seconda sezione del Tribunale Nazionale Antidoping ha respinto l’appello della Procura antidoping contro la decisione della Prima Sezione del TNA nei confronti di Michele Didoni  confermandone l’assoluzione perchè il fatto non sussiste. Didoni, allenatore di Alex Schwazer al momento della positività del marciatore altoatesino, era stato deferito nel novembre 2014, con richiesta di tre mesi di inibizione, ma lo scorso maggio era stato assolto dall’accusa di aver violato l’art. 3.3. delle Norme Sportive
Antidoping. E questa è la notizia.  Ma dietro alle notizie quasi sempre ci sono le storie, ci sono le persone , c’è il modo di essere do ognuno. Avevo cercato Michele Didoni per un’intervista qualche mese fa. L’avevo cercato perchè vent’anni fa diventava campione del mondo nella 20 chilometri di marcia a Goteborg e tra tanti che ricordano anniversari che sinceramente potrebbero anche essere dimenticati, quello invece mi pareva davvero un pezzo di storia della nostra atletica che andava rinfrescato. Soprattutto in questi tempi di magra. Però c’era tutta la sua storia da allenatore di  Schwazer che restava in sospeso e soprattutto quell’appello che pendeva. Al posto di Michele Didoni c’è da scommettere che in tanti avrebbero sbraitato, twittato, condiviso, postato  la propria estranetità ai fatti. Tanti. Il camopione del mondo di Goteborg invece aveva scelto di non parlare fino a che non si sarebbe chiarito tutto. Una scelta coerente. Ma anche una scelta rischiosa perchè oggi, nel delirio di una comunicazione dove tutti vogliono avere l’ultima parola, solitamente chi resta in silenzio si pensa che abbia torto. Così sono sempre meno coloro che sanno resistere in silenzio. Ma evidentemente la marcia è una disciplina che forgia il carattere. Ed ora che tutto è chiarito Didoni parla. Parla all’AGI e lo fa da signore: «Per tre lunghi anni sono stato costretto ad abbandonare la mia passione. Adesso finalmente tutto è finito- spiega l’ex tecnico azzurro –  Dopo quello che era accaduto mi sono autoescluso dall’ambiente, non ho sentito più nessuno per tutela mia e degli altri”. Una scelta non facile. Anche perchè il caso Schwazer è diventato un “caso” mediatico che non ha risparmiato nessuno. Anche chi non c’entrava. “Sono uscito con tanto dispiacere dal Centro Sportivo dei Carabinieri di Bologna, la mia passione si era interrotta- racconta Didoni assistito nella lunga battaglia legale dagli avvocati Nerio Diodà e Massimiliano Diodà – Ribadisco che io non sapevo nulla del doping di Schwazer al quale va bene concedere una seconda chance anche se mi dispiace come viene intrapreso il percorso di rientro.  A me piacerebbe sicuramente rientrare con progetti dedicati ai giovani. Se ho rivisto Schwazer da quel giorno ? No, l’avevo risentito nella primavera 2013, gli avevo chiesto di vederci, poi tutto è saltato perchè sono iniziate le perquisizioni. Alex ha fatto un grave errore ma una seconda chanche non si nega a nessuno, ha preso in giro tante persone ma una partecipazione alle Olimpiadi di Rio sarebbe una rivincita personale. Mi dispiace solo per come viene intrapreso il percorso per ritornare. C’è una carta etica della federazione italiana di atletica leggera che mi dispiacerebbe non abbia effetto retroattivo, sarebbe un insulto al bene dell’atletica
leggera. Se si crede nella parola etica l’effetto dovrebbe essere sempre retroattivo…». Schwazer è un capitolo chiuso. E Michele Didoni riprende la sua marcia…

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