Si può voler bene ad un apparente vegetale?
È tutta questione di… far circolare amore.
“Io cerco solo di volerle bene… a questa bimba”.
Una frase breve, calma e ferma, senza nessuna pretesa e apparentemente ovvia durante una cena fra amici.
E’ la frase pronunciata da un’insegnante di sostegno che si riferisce a una cerebrolesa gravissima, un apparente vegetale che ha bisogno di essere accudita totalmente e la cui diagnosi non prevede alcuna evoluzione in positivo.
Di fronte all’esistenza di questa persona, non resta che il silenzio dei gesti d’amore. Facile? Non proprio, specialmente in questi casi.
Il motivo è antropologicamente semplice: noi amiamo coloro che dimostrano di amarci. Pretendiamo che ci venga dimostrato l’amore che esigiamo, secondo schemi che riconosciamo come espressione dell’amore che desideriamo, attraverso quindi il nostro metro.
Ma quando davanti a noi c’è solo il silenzio di una coscienza che non riesce a pronunciare parole ma solo “versi”, che non riesce a esprimere con chiarezza le sue esigenze e i suoi desideri, l’unico metro che possiamo a nostra volta usare è il silenzio. Non resta che ascoltare e ricevere risposte che non si capiscono.
Qualcuno di voi, e forse sarete in tanti, potrebbe dire che questa non è vita, tanto quella della bambina che quella di chi se ne prende cura. E nonostante gli impercettibili segnali inviati della prima e “il voler bene” senza limiti della seconda sembra che nulla possa cambiare.
Ma non è così.
Quanto riceverà, in termini di gratificazione, da questo sforzo d’amore chi la accudisce quotidianamente e quanto potrà recepire, nel suo silenzio ma con qualche accenno del viso e degli occhi, questa bambina?
Cosa c’è di più nobile e cognitivamente fondamentale della circolazione dell’amore e della presenza incondizionata di una persona che “vuole bene”?
So che ora mi darete del matto ma azzardo dicendo che forse tutti noi dovremmo avere un figlio in queste condizioni: forse dare senza condizioni è l’unico modo per capire la pochezza delle nostre lamentazioni sull’economia – diventata solo finanziaria- o sull’impossibilità di accogliere i diversi.
Ebbene, la frase di questa insegnante mi ha illuminato su una cosa: la società civile italiana è in grado, come da sempre dimostra, di fare circolare il meglio di se stessa.
Insomma, credo che se in questo Paese si facesse circolare l’amore, come fa per esempio questa insegnante di sostegno e come fanno migliaia di famiglie che vivono situazioni drammatiche – dal coma alle gravi malformazioni – ci sarebbe davvero una “vittoria dell’Amore”.
Non come quella farlocca a cui abbiamo assistito qualche giorno fa quando in una votazione è stata stralciata una parte di una legge affermando ridicolmente che si è salvata la specie nella sua evoluzione.
Vero, Matteo?