La stanza del buco
È tutta questione di… disperazione.
E ora anche in Francia ci si può bucare, ossia drogare ben bene, con tranquillità, assistiti da medici, infermieri, assistenti sociali ed agenti di pubblica sicurezza. Certo, non capiamo molto bene a cosa possano essere utili gli agenti di pubblica sicurezza, ma poiché in Francia, dal 14 luglio 1789, le cose vanno in direzione popolare, lasciamoci convincere che servano a qualcosa.
Cosa dire dell’iniziativa, visto che in molti paesi europei esiste già questa famosa stanza del buco. Al di là del nome, che rappresenta semanticamente qualche cosa di triste, buio e senza speranza, ciò che è significativo, dal mio punto di vista, è l’affermazione di una resa, da parte di tutti, delle istituzioni comprese che agevolano un morte in differita, come la tossicodipendenza, e della società che si sbarazza del problema.
Non vi è molto altro da dire, se non il fatto che questo tipo di sanificazione sociale, per cui si rimuove il tumore della tossicodipendenza è perfettamente in linea con altre azioni di rimozione sociale, chirurgica o meno, con le quali si risolvono problemi per i delinquenti, gli handicappati, i diversi di qualsiasi origine o genere. Nascono le carceri, i centri di accoglienza e le associazioni che raccolgono ciò che difficilmente si integra. Certo, per i tossici la questione è diversa, perché il loro livello di dipendenza è senza dubbio patologico, proprio come nel caso dei ludopatici. Ma cosa fanno, dunque, gli stati illuminati dall’illuminismo come la Francia: organizzano il lazzaretto dei tossici, così possono aumentare la dipendenza di questi poveracci senza speranza e farli andare in overdose fuori dalla stanza del buco. Sì, nella società del buco.
Non sia mai il pensare ad un mondo migliore, senza queste dipendenze organizzate economicamente, sia dalla criminalità che da uno Stato che non insegna né educa, a cominciare dai politici che lo rappresentano.