Caro Francesco ti scrivo…
È tutta questione di… chiarezza e coraggio.
Come avevo preannunciato, scrivo queste poche righe a Papa Francesco, che avrà ben altro da fare che leggermi, ovviamente. Ma non importa, perché con la mia coscienza sono a posto, anche di fronte a Dio.
È necessaria una premessa, senza della quale potrei essere frainteso. Le mie parole sono di un cattolico apostolico romano, che vuole ardentemente rimanere tale, per una serie di motivazioni che non evidenzio qui, perché toglierebbero spazio a quello che voglio dirle.
Bene, precisato questo, una ulteriore puntualizzazione riguarda il fatto che le mie parole seguono il sentire della fede, della mia misera conoscenza del Vangelo e non della ragione, ma forse della ragionevolezza.
Nel Vangelo della scorsa domenica, Mt 16, 13-20, il Cristo chiede ai suoi apostoli chi credeva il mondo che lui fosse; e continua ponendo la stessa domanda agli apostoli interrogandoli sulla loro stessa credenza nei suoi confronti. Simone figlio di Giona, ossia Pietro, risponde che il Figlio dell’Uomo è Cristo, il Figlio del Dio Vivente. Lo dice un pescatore rozzo, quasi analfabeta, persona semplice, umile e certamente non dotta. E quindi, io riconosco, Caro Francesco, che anche tu sia illuminato dallo Spirito Santo e che quello che dici, quando è in sintonia esatta con il Vangelo, è infallibile. Certo, quando è presente tale sintonia. Quando è assente questa sintonia, e ti preoccupi di dare consigli sulla politica di uno Stato, mi piacerebbe sapere da te perché lo fai. E ti do anche del tu, proprio come il Cristo diceva di desiderare, quando affermava che saremmo diventati suoi amici, e non ci sarebbero più stati padroni e servi.
Quello che dici, nelle tue importanti dichiarazioni, encicliche e lettere è personalmente assai apprezzato, e lo apprezzo con il Lume della fede. Eppure, la storia temporale della Chiesa ha avuto espressioni papali non sempre degne di essere ricordate con fierezza, ma questo è previsto. Il Cristo conosceva colui che lo avrebbe rinnegato ben tre volte, impaurito dalla possibilità di fare la stessa fine in croce, una fine che certo si è presentata contro-intuitiva, anche per un pescatore, perché molto lontana dall’idea che si era fatto di un Re.
Quindi, al di là del fatto che sei un gesuita, e conosciamo la storia di Sant’Ignazio di Loyola, e sappiamo ciò che accaduto con lui nell’America del Sud dal quale tu stesso provieni, non pensi che sarebbe molto importante che i cristiani avessero una guida super partes, rispetto a tutte le tematiche temporali? E non pensi che solo in questo modo, il messaggio cristologico potrebbe davvero superare qualsiasi barriera temporale e produrre quegli effetti che lo stesso Cristo ha prodotto nella storia dell’Umanità intera?
Scusami se mi sono permesso, ma per la prima volta in vita mia, e forse anche l’ultima, avevo la necessità di parlare al mio Papa. E tu porti un nome che non hai scelto a caso e forse il tuo Santo predecessore ha agito politicamente consapevole che la portata storica del suo dire sarebbe stata tale solo se avesse, come ha fatto, inviato messaggi chiari spiritualmente, senza trattare temi di politica medievale.
Cari saluti, Alessandro.