vampiroÈ tutta questione di… terrorismo antropologico.

Questa è la notizia di qualche giorno addietro. Come sapete non condivido la proposta di legge sullo Ius Soli, e nemmeno condivido l’altra idea dello Ius Culturae. Penso che, così come è formulata la prima, da quello che sono riuscito a reperire in rete, così come si parla della seconda, siamo di fronte all’ennesima semplificazione operata da una classe politica ignorante, presuntuosa e priva di senno. Beh, direi che tutto si conferma in questa nazione nel rispetto di questa direzione. E, da come si sta portando avanti la campagna elettorale, da parte di tutti gli schieramenti, ho la sensazione che sarebbe meglio permettere un’entrata selettiva in questo Paese dei migliori vampiri del Malawi.

Ecco, in questo caso, opportunamente addomesticati ed addestrati, potrebbero essere lasciati liberi, tanto di giorno quanto di notte (non vi sarebbe differenza nel caso nostro…), di adoperarsi nei prelievi a Montecitorio, Palazzo Madama e anche a Palazzo Chigi, per concludere il tragitto, al Quirinale. Non salvo nessuno, ma certo saremo salvi noi, agevolando il corso degli eventi naturali e dando una mano alla Provvidenza. Mi sembra una possibile soluzione, visto l’età anagrafica di coloro che, tranne qualche esponente dei Cinque Stelle, stanno facendo campagna elettorale. Facce nuove, davvero nuove, se contiamo anche coloro che si presentano rifatti, ritoccati e particolarmente utili a presentarsi, dopo l’elezione, alle porte dell’attuale Museo delle Cere italiano: le istituzioni politiche, tutte.

Al di là di queste considerazioni, ciò che preme evidenziare è il significato antropologico del termine cultura. Non intendo definirlo qui, perché esistono in rete molte occasioni per documentarsi in proposito. Mi limito a scrivere che credere, alimentare e perpetuare queste credenze, che si trasformano in psicosi collettiva, è un fatto culturale e mi sembra che, in Italia, questi fenomeni non siano proprio all’ordine del giorno. Certo, ve ne sono altri, altrettanto aberranti, ma non è a questi che mi riferisco qui. Per modificare atteggiamenti di questo tipo, e fortunatamente gli abitanti del Malawi non mi sembra intendano sbarcare, per ora, in Italia, ci vogliono almeno quattrocento anni di contatto costante e continuo con una cultura ospite, cosi diceva sempre il mio Prof. re di Antropologia Culturale, Gavino Musio.

Mi fermo. Ho scritto quello che realmente penso, specialmente rispetto al concetto di integrazione. Faccia piacere oppure no a qualcuno, questa è la mia posizione, che non esclude affatto la necessità di accogliere gli stranieri e di soccorrere le persone che fuggono dalla guerra. Certo, magari verifichiamo il tutto.

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