conoscenzaÈ tutta questione di… conoscenza.

Talvolta basterebbe il senso del limite. E dove non esistesse, potrebbe almeno essere sufficiente un po’ di decenza. Quando non c’è né l’uno né l’altra, si alza il sipario sul grottesco.

Durante la puntata di Agorà, andata in onda venerdì scorso, il giornalista Gianni Riotta ha affermato che l’art.1 della Costituzione non attribuisce la sovranità al popolo italiano e, poiché, non sembrava abbastanza originale affermare questa abnormità, ha pensato di confermala. E, per gli studenti all’ascolto, ha puntato con insistenza sull’effetto diseducativo, sostenendo il contrario, specialmente di fronte al Prof. Antonio Maria Rinaldi.

Ora, non si potrà certo pretendere che l’uomo della strada conosca a memoria, ad esempio, l’art.120 della Costituzione. Ma – scimmie ammaestrate comprese (e ne abbiamo un certo numero aggiro per la nazione e in televisione…) – sappiamo che l’art.1 stabilisce che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro, e che la sovranità appartiene al popolo, il quale la esercita nei modi e nelle forme previste dalla Costituzione stessa.

E lo sappiamo tutti, perché ci viene insegnato sin dalle scuole elementari. Non tanto per esercizio di stile, quanto perché l’imprinting democratico nelle menti infantili è indispensabile alla sopravvivenza di uno Stato che voglia essere, appunto, democratico. Se ai nostri figli non insegnassimo che le mani di ogni cittadino italiano sono depositarie di quel potere, con cui si decide le sorti politico-istituzionali del nostro paese, ci assicureremmo il passaporto per l’anarchia. Che poi le cose, con il beneficio del dubbio, possano andare anche in maniera diversa, ossia il voto non sia sempre del tutto trasparente e libero, è un altro paio di maniche.

Comunque, resta il fatto che dovrebbe essere fondamentale la conoscenza per qualsiasi comunicatore del nostro “abc” istituzionale. Anzi, per quanto concerne i giornalisti politici, la conoscenza delle architetture istituzionali è esigibile senza “sconti a saldo”, sia sulle questioni di nicchia sia, a maggior ragione, su quelle più superficiali. Immaginiamo il messaggio che sarebbe passato se, nel corso di quella trasmissione, il Prof. Antonio Maria Rinaldi non avesse contestato le affermazioni di Riotta.

Nella sua lunga e ponderosa carriera giornalistica, quest’ultimo ha anche ricoperto le cariche di direttore del TG1, direttore de Il Sole 24 Ore ed è docente al Master in Rappresentanza degli Interessi, Politica e Istituzioni della Libera Università Internazionale degli Studi Sociali “Guido Carli”.

Sostenere, in televisione, che la Costituzione italiana non attribuisce al popolo la sovranità è gravissimo e lo è ancora di più se a dirlo (magari senza la presenza di un valido contradditorio) è un uomo dotato di cotanti titoli. Eh sì, perché un curriculum del genere permea ogni affermazione del giornalista col crisma della veridicità, dal momento che proprio quel curriculum crea il ragionevole affidamento sulla profonda conoscenza della Costituzione.

È anche vero che sappiamo tutti quali miracoli possono fare le tessere partitiche, le partecipazioni politiche e gli amici. E noi in Italia siamo amici di tutti, molto più di quello che, persino coscientemente, crediamo.

Ed allora, questa è una buona occasione per ripensare, con grandissima attenzione, al ruolo formativo della televisione, dei giornalisti ed anche ai criteri di attribuzione delle cariche pubbliche e private. Se, all’esame di diritto costituzionale, uno studente affermasse quanto riferito e ribadito con vigore (non prendendo neppure in considerazione di aver sbagliato) da Riotta, ecco… quello studente verrebbe bocciato senza pietà. Giustamente, peraltro.

In Italia, lo mettiamo a capo di una televisione di Stato, del più autorevole giornale economico e gli affidiamo una docenza in materia istituzionale.

Sic transit gloria mundi!

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