L’Accademia di Toninelli
È tutta questione di… organizzazione.
Nella grande calura estiva, una notizia che ci rinfresca un po’.
Il Ministro per le Infrastrutture Toninelli ha concluso un accordo con l’Accademia della Crusca, affinché la stessa Accademia possa aiutare il Ministero nello snellimento del linguaggio normativo, incidendo, in particolare, sulle ridondanze del “burocratese”. Un’idea che, oggi come oggi, ha del luminoso, visto lo scempio che, della nostra lingua, hanno saputo fare le legislature che si sono succedute dopo la Costituente.
Si sa, prima di essere politici i nostri Padri Fondatori erano umanisti, scienziati, forgiati al vero amore di Patria, che comprende anche il rispetto della lingua. Io direi, persino, soprattutto il rispetto della lingua. Allontanandosi progressivamente dalla loro dirittura etico-morale, dalla consapevolezza che la politica non è un lavoro ma un corollario della propria attività professionale (alla quale si unisce nello spirito dell’ impegno civile in favore della collettività), i politici moderni hanno svilito il proprio eloquio, a vantaggio di una comunicazione veloce, sgrammaticata, ambigua e inefficace .Quando parlare piace solo perché risulta gradito il suono della propria voce, a prescindere dal senso delle parole che si pronunciano, quando l’autoreferenzialità dell’ultimo tweet fa da padrona (o la sirena che canta all’aumento dei like rapisce il buon senso), va da sé che il fraseggio normativo rotola inesorabilmente verso il basso.
Ed allora nascono testi giuridici farraginosi, sintatticamente costruiti sulla falsa riga del traforo del Brennero, farciti di “piuttosto che” a vanvera, (troppo) privi o ridondanti di nessi relativi. Insomma, una dannazione per gli operatori del diritto, ossia per coloro che sono chiamati ad applicare le leggi, con buona pace di quante persone si possono aiutare, oppure rovinare, proprio sulla base di un fraintendimento linguistico.
Direi, dunque, che bene ha fatto il Ministro Toninelli a riconoscere tutti i limiti propri e del proprio staff, ed a chiedere aiuto alla massima autorità nell’ambito della nostra madrelingua. Ammettere di avere una limitazione è decidere di non soggiacere e far soggiacere ad essa. È una grande conquista personale. Un passo certo e spedito verso il miglioramento. Forse sarebbe stato ancora più proficuo se, in preparazione al grande evento della propria ascesa al governo, il M5S avesse chiesto ai suoi aderenti di studiare di più e di elevare il proprio livello di conoscenze linguistiche. D’altro canto, chi si spende come eccellenza è tenuto ad essere pronto a dimostrare quell’eccellenza, in ogni momento e frangente istituzionale, compreso quello relativo alla capacità di redigere un testo normativo, come avrebbe fatto uno qualsiasi dei nostri Costituenti.
La domanda che, però, mi pongo è la seguente: qual è lo spirito con cui l’Accademia della Crusca si accinge al compito richiesto dal Ministro? Nel difficile compito di offrire qualità linguistica a dei testi giuridici, l’Accademia non finirà per diventare soggetto politico attivo? Notoriamente, la politica si fa con gli strumenti normativi e, quindi, l’interrogativo è più che plausibile. Quando un termine può essere decisivo per la concessione o il diniego di una posizione giuridica, quando l’apposizione o la sottrazione di una virgola possono mutare l’ingegneria legislativa, cosa ne sarà della fisionomia dell’Accademia? Quale nuovo ruolo potrà assumere, proprio dai punti di vista politico e giuridico?
Fortunatamente, l’accordo ha durata triennale. Attendiamo con fiducia e perseveriamo, nella speranza che i politici di nuova generazione dimostrino di saper fare a meno di un Organismo come l’Accademia della Crusca.