Altaforte con Salvini
È tutta questione di… salvaguardia.
Salone del Libro 2019. Ed è stata subito bufera.
Ormai tutti sappiamo che a questo importantissimo appuntamento culturale si è presentata la Casa Editrice Altaforte con un libro-intervista al ministro Salvini e che proprio l’editore, Francesco Polacchi, si è dichiarato “fascista nell’unico senso possibile”, denunciando che “l’antifascismo è il vero male di questo Paese”. Per questo motivo, importanti autori del panorama intellettuale italiano hanno deciso di non partecipare al Salone, i pm hanno aperto un fascicolo per apologia di fascismo, in seguito all’esposto del Sindaco Chiara Appendino e del presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, e ora lo stand della suddetta casa editrice è stato smontato. E certo la cosa non finirà qui, ma avremo notizie del suo protrarsi in sede legale, perché l’editore non si arrende.
Non mi interessa la ragione per cui il ministro ha accettato di legare il proprio nome alla casa editrice di un italiano che si dichiara “fascista nell’unico senso possibile”, ovvero secondo il fascismo del ventennio. Non intendo neppure entrare nel merito delle parole del signor Polacchi. Nonostante gli sforzi di CasaPound, il fascismo è un’esperienza storica non più riproponibile ad alcun livello politico. D’altro canto, la questione è stata lapidariamente definita dal Sindaco di Torino che, in qualità di Primo Cittadino, nonché di esponente di uno dei due partiti di Governo, ha dichiarato “La mia città è antifascista”.
Si tratta di una vicenda che dev’essere valutata sotto altri aspetti, secondo me.
Altaforte è una Casa Editrice presente da tempo nel mercato editoriale italiano e, quindi, non solo conosciuta dal pubblico più o meno di settore, ma nota anche alla Agenzie delle Entrate presso cui ha aperto la propria partiva IVA, al Registro degli Editori e Stampatori presso la Prefettura territorialmente competente, alla Camera di Commercio (anch’essa competente per territorio), cui è stata comunicata la sua apertura. La storia del camerata Francesco Polacchi è nota. A questo si aggiunga che Altaforte ha un suo sito web, dove non si celano affatto le ideologie fasciste. Insomma, un buon numero di Istituzioni Pubbliche (Prefettura, Questura di Sassari, Agenzia delle Entrate, Camera di Commercio) conoscono la galassia Altaforte-Polacchi, da un discreto numero di anni. Peccato che la XII Disposizione Transitoria e Finale della Costituzione italiana, famosissima per il suo precetto. “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”, esista da molto tempo prima.
Quello che voglio dire è che le Autorità pubbliche in ambito editoriale si trovavano nella materiale e giuridica possibilità di sottoporre la Casa Editrice Altaforte, ed anche il signor Polacchi, al vaglio della Magistratura, affinché quest’ultima valutasse se l’esistenza di Altaforte, in relazione all’ideologia politica del suo fondatore, fosse in contrasto o meno con la Disposizione XII. Per quanto mi consta, non vi è notizia di un provvedimento giurisdizionale che abbia espunto Altaforte dall’universo editoriale a causa delle sue tendenze fasciste. Anzi, con tutta evidenza, la casa editrice gode di ottima salute ed edita un’immagine mussoliniana del Ministro Salvini.
Ciò posto, mi chiedo: nel silenzio istituzionale precedente ai fatti torinesi di questa Fiera, è stato giusto esigere che Altaforte lasciasse il Salone del Libro? In altre parole, una Casa Editrice esercita il proprio diritto sia di opinione politica sia di partecipazione agli eventi editoriali che la riguardano. In mancanza di un provvedimento giurisdizionale che censuri quell’opinione e vieti quel diritto di partecipazione, si può esigere che Altaforte non partecipi al Salone del Libro, oppure la si può espungere da questa kermesse?. No, secondo me, non si può. Significherebbe comprimere la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero, diritti di cui ognuno di noi è titolare.
Questa è solo una mia opinione che, peraltro, può non piacere. Ma questo è lo stato dell’arte. Le libertà cedono dinanzi ad un provvedimento della magistratura che, motivatamente, comprime il diritto di libertà. Ecco perché, secondo me, la partecipazione di Altaforte è stata, al momento attuale, legittima. Ora, vedremo come si pronuncerà la magistratura, in seguito all’apertura del fascicolo di cui abbiamo appena parlato.
Invece, sugli autori che hanno annunciato la propria defezione dal Salone a causa della presenza Altaforte, mi esprimo così. Anche io sarò presente al Salone di Torino dove viene presentato, in anteprima dalla casa editrice Paesi Edizioni, il mio ultimo libro “Blockchain, il futuro tra le mani. Aspetti antropologici e opportunità di una rivoluzione culturale”, scritto con l’avvocato e giurista Katia Bovani, e la Prefazione della Dott.ssa Ilenia Sbrugnera. Personalmente sono un anticomunista, ma alla mia coautrice ed alla prefatrice, mi accomuna il mio essere antifascista “nell’unico senso possibile”, con la stessa forza intellettuale con cui mi sento anticomunista.
Né a me, né a Katia Bovani e ad Ilenia Sbrugnera è passato per la testa di ritirarci dal Salone a causa della presenza di Altaforte e ciò per due ragioni precise. In primo luogo, se a ritirarsi sono gli antifascisti, il fascismo avrà primeggiato per aver avuto campo libero. È soltanto rimanendo che si possono riaffermare gli ideali democratici di una forma di governo repubblicana e parlamentare. In secondo luogo, proprio perché antifascisti, abbiamo a cuore la difesa dei diritti di libertà di espressione, comprimibili soltanto con motivato atto giurisdizionale. Solo la magistratura potrà davvero esprimersi nei confronti della Casa Editrice Altaforte, e fino ad allora Altaforte rimane testimone dei propri valori fascisti “nell’unico senso possibile”, e noi rimaniamo testimoni di valori antifascisti.
Tutto, banalmente qui.