RiomaggioreÈ tutta questione di… curiosità.

Finalmente un’idea che trovo, a dir poco, entusiasmante. Si chiama Epic Tour, la nuova app pensata per gli smartphone e che si distingue da tutte non solo per l’oggetto della sua funzione, ma soprattutto per le finalità.

Si tratta di cimentarsi in un gioco composto da circa 2000 domande sul patrimonio storico, naturale, artistico e culturale italiano. Eh sì! Dalle Alpi alla punta estrema della Sicilia, sappiamo tutti (a dire il vero lo sanno meglio gli stranieri di noi…) che il nostro Paese è un museo a cielo aperto. E lo è sotto ogni punto di vista: archeologico, architettonico, pittorico, paesaggistico, faunistico e floreale. Siamo il luogo della tradizione letteraria, forse, più longeva e ricca della storia dell’umanità, per non parlare dell’evoluzione e delle sensibilità musicali che hanno attraversato ogni epoca della nostra tradizione.

Tanto per capirci, il melodramma è un’invenzione italiana e si è diffusa in tutto il mondo in modo, del tutto trasversale, fin dal 1600, quando Caccini e Peri misero in scena, a Firenze, la loro opera, “Euridice”. Ma la nostra vera tragedia, tutta italiana, è che non esiste un’autentica politica di conservazione e valorizzazione dei nostri beni culturali. Ecco perché, di conseguenza, dedicarsi allo studio delle materie umanistiche prettamente letterarie, storiche dell’arte oppure archeologiche ha una scarsissima appetibilità. Coloro che lo fanno, sanno benissimo che, nella migliore delle ipotesi, dovranno recarsi all’estero, dove la cultura italiana non è soltanto conosciuta, ma valutata e promossa.

Ed è per questo motivo che, nel fiorire  commerciale del mondo delle app, EpicTour è sicuramente rivoluzionaria. Unisce tra loro conoscenza culturale e tecnologia, legandole soprattutto alla geolocalizzazione. Infatti, Epic chiede al giocatore di scegliere uno tra gli Epicpoint facenti parte dell’app, e quindi lo conduce alla conoscenza (o all’approfondimento) di quel luogo mediante quesiti specifichi, prove fotografiche creative e sfide geolocalizzate.

Oltre a stimolare la curiosità, uno degli aspetti innovativi di questa app sta nella scelta della ricompensa, perché gli ideatori non hanno pensato ad inutili graduatorie virtuali, bensì a veri e proprie proposte di viaggi. Il gioco, la sfida, la creatività, il senso di ammirazione per il bello, la curiosità di apprendere, il gusto della scoperta, la prospettiva concreta di un viaggio: sono questi gli ingredienti base. Vere leve di quello che solo apparentemente è un gioco, ma che, nella profondità dei suoi intenti, è un mezzo per smuovere ed indirizzare la sensibilità dei giovani, verso la tutela dello sconfinato patrimonio dei beni culturali. E nessun Paese come l’Italia lo può vantare in assoluto.

La domanda è dunque questa: un’app può riuscire nella sfida che lo Stato non riesce a vincere? Forse no, perché gli strumenti a disposizione di un’impresa che lancia commercialmente un’app sono impari rispetto a quelli dello Stato, ma tutto sta nel “come” si utilizzano i pochi strumenti a disposizione e le molte idee che l’impresa italiana sa partorire.

Se un’applicazione per smartphone può essere in grado di valorizzare il proprio Paese, stimolando anche quell’Amor di Patria che avevano i nostri antenati, allora lasciamo che sia il settore privatistico a fare da propulsore alle realtà di rilievo pubblico.

Tanto, il pubblico non sa gestire. Lo vediamo tutti i giorni, ahimè!

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