E se riaprissimo le case chiuse?
È tutta questione di… ipocrisia.
Sono circa 300 le ragazze nere che, ogni anno, entrano in Italia credendo di costruirsi un futuro e finiscono come prostitute in mezzo alle strade della nazione. Circa 1500 delle 15.000 nigeriane sfruttate sono minorenni. Sono questi i dati che si apprendono da una inchiesta apparsa su Repubblica.
Non voglio qui parlare di falsità mentali, come l’idea che si possa combattere la prostituzione negando ai clienti di praticarla, oppure fare il moralista e credere in soluzioni improbabili, come quella proposta dalla labourista inglese Mary Honeyball. In questa risoluzione europea non vincolante si invitano i Paesi dell’Unione ad adottare il modello svedese nel quale si colpiscono legalmente tutti i clienti, anche quando la donna, oppure il prostituto, è consenziente.
Come sostiene Andrea Di Nicola, professore di criminologia all’Università di Trento, in riferimento ai diversi modelli europei adottati per affrontare la questione, non sappiamo quale sia il modello migliore, perché ognuno di essi ha i suoi limiti. Di certo, ricorda ancora il criminologo, fare come gli struzzi, mettere la testa sotto la sabbia, perché è più facile far finta di nulla che affrontare il problema, non produce nulla di risolutivo.
Il modello svedese, quello della criminalizzazione del cliente, è chiaramente pretestuoso, aggressivo e lesivo della libertà individuale, sia del cliente che, soprattutto, della prostituta. Una donna, libera da ogni condizionamento sociale (nella misura del possibile…), ancorché possa avere condizionamenti personali, come tutte le persone di questo mondo, penso che abbia il diritto di scegliere cosa fare della sua mente dentro il suo corpo, oppure del suo corpo dentro la sua mente. E questo diritto è un fondamentale antropologico-mentale che la nostra specie conquista e conferma ogni giorno con tutte le proprie forze, anche quando vi sono ostacoli che vi si frappongono.
Allo stato attuale dell’evoluzione della nostra specie, qualsiasi modo di affrontare la questione potrà essere considerato da qualcuno migliore e da altri peggiore, come avviene per tutte le decisioni umane, perché decidere significa realizzare di mettere in pratica la catena della causa e dell’effetto. Ed ogni effetto piace a qualcuno e dispiace a qualcun altro.
È bene che si sappia che attualmente, grazie ad un disegno di legge presentato in Senato da un gruppo di parlamentari bipartisan, il n. 1201, (che non prevede affatto la riapertura delle case chiuse, anzi…), l’Italia potrebbe cominciare a risolvere la questione della tratta delle schiave e dell’indecenza giornaliera, diurna e notturna, che vediamo nelle strade. Un’indecenza visiva che pone sullo stesso piano, dal mio punto di vista che non è ora scientifico ma solo quello di un cittadino come tanti altri, sia il/la prostituta/o che il cliente.
In ottica scientifica, direi invece che questo mestiere e l’impulso al suo esercizio rappresentano luoghi privilegiati della nostra mente per dimostrare a se stessa la reale capacità di esercitare il libero arbitrio, sia per l’offerta che per la domanda.
La legge Merlin impiegò quasi dieci anni per essere approvata, dal 1949 al 1958, e state tranquilli che per questo Disegno di Legge ne passeranno altrettanti se non il doppio.
Dunque, per ora, ancora tratta di schiave, violenza pubblica, droga, pornografia stradale e tanta, tanta ipocrisia, quella che tiene in piedi una grande fetta del nostro meraviglioso Paese.