Renzi gioca d’azzardo… e ci guadagna!
È tutta questione di… avidità.
Che allo Stato italiano non interessi nulla dei suoi cittadini lo sapevamo, ma che anche “Renzi the best”, dei proclami e delle “piccole cose” (che sono quelle che riesce a fare, per oscuri motivi ancora poco evidenti), promuovesse un Decreto del genere, proprio non ce lo aspettavamo.
Si chiama ludopatia, e si tratta di una dipendenza vecchia come il mondo, legata al piacere dell’azzardo, secondo cui gli ignari giocatori, quasi per caso, se caratterizzati da una particolare e fragile struttura mentale, si ritrovano ammalati dipendenti, in grado di distruggere un’intera vita, la loro.
Fosse solo una questione personale si potrebbe anche essere relativamente soddisfatti, ma il fatto è che questo tipo di dipendenza, come molte altre, coinvolge definitivamente anche la vita dei familiari di queste persone, portati anch’essi nel baratro perché non sanno a chi rivolgersi né come risolvere la questione. Infatti, non esistono centri di diagnosi precoce e cura nelle ASL del nostro territorio nazionale, e comunque, dopo un intervento di questo tipo, è necessario curare la ludopatia in centri specializzati per questo problema, perché il livello di capacità di mentire su se stessi che queste persone hanno è altissimo e ben strutturato.
Posizionare le slot machine lontano dai luoghi di ritrovo e di lavoro, i 500 metri di cui si legge nell’articolo citato, ha prodotto risultati positivi, seguendo le conclusioni tratte dalla Regione Lombardia che ha, appunto, adottato questo utile deterrente.
Certo, tutto questo, ossia limitare la patologia, significa per l’erario meno entrate di denaro, e, come accade per le sigarette, è meglio fare la pubblicità perché si giochi con moderazione invece di risolvere davvero il problema.
Inoltre, non sarebbe comunque sufficiente nemmeno un cambiamento di rotta del Governo per risolvere un problema che ha origini antiche nella storia personale di coloro che ne sono affetti. Bisognerebbe agire a livello educativo e scolastico, cercando di raccontare, con dovizia di particolari e casi esemplari, quali sono davvero gli effetti di una patologia del genere sulla vita di una persona e dell’ambiente nel quale vive.
Tutte le persone hanno la possibilità di cambiare in meglio, ammesso che vi sia un ambiente che li stimoli in questo senso e fornisca loro quegli strumenti che non hanno avuto ancora la possibilità di utilizzare per forgiare una struttura mentale più forte, e più attenta al discernere ciò che è piacevole da ciò che è nocivo.
Speriamo solo, dunque, che il Governo non presenti nessun Decreto di questo tipo, e come sempre io sono fiducioso sino all’ultimo.