Assassini del mondo
È tutta questione di… terrorismo antropologico.
Siamo l’unica specie animale che uccide gratuitamente, per il solo “gusto” di uccidere e in questo articolo emerge chiaramente come i sopravvissuti, dopo secoli di violenze, sappiamo ribellarsi, alla fine della storia.
Ma la loro storia, oggi è anche la nostra.
Non voglio riferirmi alle religioni, che da sempre, in mano agli esseri umani, strumentalizzano a proprio piacimento, uso e consumo, il rapporto che l’umanità cerca di stabilire con l’invisibile, con il trascendente, mentre desidero soffermarmi sulla capacità del potere di giustificare nelle menti umane l’esercizio di una violenza gratuita.
Siamo attratti da questo esercizio, più o meno tutti, e possiamo solo diventarne il più possibile consapevoli, perché solo in questo modo, secondo le attuali conoscenze che possediamo sul funzionamento del cervello, saremo nelle condizioni di tenerlo sotto controllo. Coloro che sono onesti con se stessi sanno che in molte occasioni si riesce a fatica a controllare l’impulso aggressivo verso gli altri, coloro che definiamo nostri nemici e che crediamo siano i colpevoli del nostro malessere.
Dopo anni di soprusi, anche le menti più soggiogate da una credenza che realizza differenze inique fra individui, cominciano a chiedersi quale colpa possono davvero aver commesso per condurre una vita di questo tipo, indipendentemente dal proprio credo. L’origine cognitiva di questo pensiero, non è tanto l’idea di una libertà personale e civile, quanto la presa di coscienza che nessun Dio, in quanto tale, potrà mai sostenere l’esistenza di differenze qualitative fra gli individui. Qualora avvenisse, come di fatto avviene in alcune teocrazie, siamo in presenza di una “politica religiosa” e di una “religiosa politica”. Quest’ultima, in nome del significato etimologico del termine, mira ad una universalizzazione dei sentimenti e delle emozioni positive, perché se così non fosse darebbe origine, come accade oggi, ad un tipo di evoluzione che potremmo definire abortiva.