Malati nel cervello
È tutta questione di… architettura cerebrale.
Con questa notizia che mi piace ricordare, specialmente ai miei giovani studenti, si comprende una serie di cose che cercherò di evidenziare qui, seppure brevemente.
Partiamo dalla scoperta, secondo la quale il cervello degli adolescenti che presentano gravi comportamenti antisociali è diverso, dal punto di vista anatomico, da quello di altri adolescenti che non hanno tali comportamenti. In questo studio, condotto dalle Università di Cambridge e Southampton, pubblicato sul Journal of Child Psychology and Psychiatry, i ricercatori italiani hanno studiato 58 adolescenti maschi – di età compresa tra 16 e 21 anni – con disturbo della condotta sociale, di cui 33 nella forma che emerge nella fanciullezza e 25 nella forma che compare nella fase adolescenziale, comparati con altri 25 individui non affetti da malattie neuropsichiatriche. Tutti i 58 individui presentavano un grave problema neuropsichiatrico, caratterizzato da estrema aggressività, utilizzo ripetuto di armi e droghe, con comportamenti menzogneri e fraudolenti.
L’idea scientifica fondamentale è che quando le diverse regioni cerebrali del nostro organo si sviluppano in modo simile, è altrettanto simile lo spessore della corteccia cerebrale, e che queste aree siano tra loro comparabili. Vi erano studi precedenti che avevano già dimostrato come l’amigdala degli adolescenti con gravi disturbi della condotta sociale presentasse anomalie, rispetto a quella di soggetti di pari età senza problemi di questo tipo. I dati di questa ricerca dimostrano però chiaramente che tale disturbo coinvolge numerose regioni del cervello, le quali presentano cambiamenti anatomici di natura assai complessa e variegata.
La conclusione sulla quale vorrei che soffermassimo la nostra attenzione è che tale disturbo della condotta sociale è un reale problema cerebrale. Non si tratta, quindi, come alcune persone continuano a sostenere, di una forma di esagerata ribellione alle regole della società, perché i risultati dimostrano che vi sono differenze cerebrali molto significative, specialmente tra individui che sviluppano questo disturbo in fanciullezza e quelli che lo sviluppano durante l’adolescenza.
Certo, rimane da stabilire la percentuale di combinazione tra fattori genetici e quelli ambientali, anche se la scoperta ci indica una cosa importante: potremmo mettere a punto terapie, anche farmacologiche, in grado di influenzare la maturazione del cervello, per ridurre tali comportamenti.
La principale considerazione con la quale concludo è riferita alla questione dei femminicidi, perché non è un’idea peregrina la possibilità che tali uomini presentino un cervello assai diverso, e non solo nella corteccia, rispetto ad altri uomini che non hanno comportamenti di questo tipo. In effetti, uccidere una donna per il solo fatto che essa sia tale, è espressione che, secondo una mia personale idea, potrebbe indicare un malessere che supera quello prettamente sociale, e potrebbe dunque richiedere interventi farmacologici di altra natura. Intanto, se così fosse, potremmo mettere fuori uso qualcuno di questi individui che nel loro primo tentativo hanno fallito, e metterci al riparo da un secondo.
Una seconda considerazione è questa, ed è sintetizzabile in una domanda: continuiamo a studiare il comportamento antisociale e deviato dei soli maschi, perché è forse in quantità maggiore, o potrebbe essere utile studiare anche quello femminile, e non solo di tipo sociale, ma anche all’interno della vita di coppia?