Giovani vomitevoli italiani
È tutta questione di… distorsione della realtà.
Non mi stupisco affatto di questa notizia. Alcune volte, fortunatamente non troppe, mi sono sentito dire anche io da qualche neolaureato, 22enne, al massimo 23enne cui offrivo una possibilità di lavoro: “Proff, ma quanto guadagno? E, devo andare lontano da casa? E, se poi mi stanco troppo”? La mia reazione, senza troppe esigenze terapeutiche, è stata sempre quella di replicare che mi ero sbagliato nell’offrire questa possibilità di crescita.
Eh, sì… L’errore, come quasi sempre, è nostro, ossia del mondo adulto. Non si devono offrire lavori a questi giovani italiani. Vediamo così se imparano a rimboccarsi le maniche. Sarà facile, dall’alto della loro intelligenza, frutto di famiglie che fanno loro credere, disonestamente, che basti avere un titolo per sapere vivere professionalmente (e laureiamo cani e porci, senza offesa tanto ai primi quanto ai secondi…) nel mondo. Non esiste quasi più l’idea di gavetta, perché per qualche arcano motivo questi giovani – ripeto, non tutti, fortunatamente -, si sentono nati già imparati. L’unica gavetta ammessa è quella ridicola e offensiva, governativa: i voucher del meraviglioso governo #Renzi, denigrati da tutti, ma utilizzati anche dai sindacati.
E poi le scuse che adducono sono davvero inaudite, e utilizzo questo termine nel suo significato etimologico, mai udite. Ma sono queste motivazioni che ci fanno capire il livello di riflessione personale e familiare, per non dire anche scolastica, nella quale “bivaccano” questi ragazzi: la totale superficialità mondana, senza la minima contezza di ciò che significhi vivere effettivamente con le proprie forze, le proprie motivazioni e obiettivi.
E scusate, ma questo è il benessere adulto, concepito come conquista senza storia, e che viene trasferito ai giovani tout court, eliminando l’aspetto educativo della costanza, della tenacia e della fatica. Elementi che formano, in ottica antropologico-mentale, quello stile cognitivo che porta a vincere le difficoltà, credendo in sé stessi. Ma come possiamo pretendere atteggiamenti positivi nei nostri giovani, se gli adulti sono quelli che vediamo tutti i giorni in Tv, per non parlare dei cosiddetti politici?