L’isola dei “soliti” famosi
E’ tutta questione di… consapevolezza.
Gli analisti politici si interrogano ancora sulle ragioni dell’esito elettorale del marzo scorso.
Da un lato, vi è la realtà quotidiana delle persone reali che, nella migliore delle ipotesi, si arrabattano a sopravvivere nella precarietà di lavori a stretto termine, e che non provvedono nemmeno più a curarsi. Non possono permettersi di rivolgersi ad uno specialista. Oppure ancora, uomini e donne che debbono opporre continui “no” a sé stessi ed ai figli, e che spesso cercano miglior fortuna lontano dalla propria terra. Insomma, disperati. Dall’altro lato la vergogna di un mercato finanziario che, riparato dal tepore materno di una politica scellerata, scommette, specula sulla disperazione e ne approfitta.
E così, nonostante il garantismo abbia il compito di venirci intellettualmente in soccorso, il senso di misericordia verso la povertà di massa, provoca ripulsa verso gli accadimenti che, quand’anche non risultassero penalmente rilevanti, hanno sicuramente il sapore acre e disgustoso dell’iniquo, legittimato da una rendita di posizione.
Cosa occorre per creare ricchezza dal nulla in appena un giorno?
Pochi ingredienti: un politico che sussurra la notizia giusta all’orecchio di un potente imprenditore il quale, a sua volta e con la tracotanza di chi si sente intoccabile, soffia la stessa notizia all’orecchio di un suo fidato broker. Et voilà, in un giorno si creano, dal niente, qualcosa come 600 mila euro destinati alle tasche di quell’unico, potente imprenditore.
Qualcuno dirà che sto facendo dello spicciolo populismo. Se il denunciare fortemente l’iniquità di un sistema che polarizza la ricchezza e la radicalizza in rarefatti e impalpabili personaggi, lasciando nell’indigenza e nell’abbandono intere sacche sociali è essere populista; se il chiedere a voce alta e decisa che il legislatore intervenga con un sistema normativo in grado di eliminare radicalmente la polarizzazione, per restituire ad un qualunque Mario Rossi la possibilità di permettersi un dentista, è essere populista, allora sì, sono populista.
Ma attenzione ad etichettare con il termine “populismo” ciò che è contrario all’omologazione. Si corre il rischio che quanti, il 4 marzo, hanno canalizzato l’amarezza verso forze non di establishment possano imboccare vie diverse.
Molto diverse. E la storia evolutiva della specie, ovunque, anche in ogni tempo, lo ha ampiamente dimostrato.