Elezioni subito?
È tutta questione di… inconscio.
Le ultime rilevazioni Demopolis confermano, scientificamente, un trend che l’intero nostro excursus estivo ci aveva già lasciato subodorare: l’avanzata della Lega sino al 32%, ben 15 punti percentuali in più rispetto al 4 marzo scorso. Il Barometro Politico di Demopolis ci indica che la ragione di questo notevole passo in avanti risiede proprio “nel periodo estivo”.
Davanti a questi dati, mi sono soffermato a chiedermi se l’estate 2018sia stata feconda di consensi per la Lega, semplicemente per la sua azione partitica o, piuttosto, per l’operato di Matteo Salvini. La risposta è scontata: Matteo Salvini è il motore del rafforzamento della Lega. Tuttavia, questa risposta impone un’altra domanda: il successo della Lega è tutto attribuibile solo ed esclusivamente al suo leader?
È certo che la Lega sta subendo un processo di personalizzazione nella figura di Salvini, il quale si caratterizza per la sua vis dialettica, la battuta pronta, l’ostinata fermezza delle sue posizioni, la propensione a cavalcare la tigre in maniera indomita. Insomma, parliamoci chiaramente: Salvini sta fornendo certezze.
Che siano del tutto realizzabili o meno, questo sarà il tempo a dirlo.
Ma, nel frattanto, con il piglio di chi sa esattamente cosa vuole, dove vuole andare, e conosce benissimo la strada per arrivarci, sta facendo percepire agli italiani la protezione del buon padre di famiglia. Un uomo che mette la sua progenie al riparo dalla situazione di insicurezza sociale, e dal senso del precario, in cui le crisi finanziarie dell’ultimo decennio ci hanno sprofondato.
“Prima gli italiani” è una frase che, per quanto abbia scarso appeal semantico, è detonante sul piano emozionale, perché ci comunica la strenua difesa del nostro primato nazionale rispetto all’Europa. La narrazione è questa, perché di questo gli italiani avevano bisogno e se alla narrazione seguono le braccia di ferro a cui abbiamo assistito durante l’estate, allora la narrazione diventa una realtà possibile. Molto semplicemente, perché così funziona il nostro cervello.
Orban non ci è certo amico, ma parlare con Orban ha significato far passare il messaggio che quand’anche non ci abbia offerto un dito di aiuto e non intenda offrircene, tuttavia l’ungherese non ci ha schifati e sprezzati come fa la Francia. E con questo abbiamo dimostrato come la sottile differenza che corre tra Orban e Macron non è nell’essere, il primo, razzista, e non esserlo il secondo, bensì nel non essere così diversi. In effetti, i due capi di governo sono sulla stessa linea, dato che entrambi intendono chiudere le loro frontiere agli immigrati.
C’è tuttavia una profonda e sostanziale differenza. Macron ci condanna, ipocritamente, perché non intendiamo piegarci a quell’indiscriminata accoglienza che, tuttavia, lui combatte nel suo paese. Orban non si scompone davanti al fatto che Salvini dica “prima gli italiani”. È tutto qui? Beh… è molto, ma non tutto.
A contribuire al successo estivo del leader della Lega ha provveduto fortemente la Procura di Agrigento. Un’indagine velocissima, chiusa altrettanto velocemente e che ha dato l’incipit ad una procedura molto complessa, il cui unico vero risultato pratico conseguibile coincide con quello che si è già maturato, ovvero una fortissima risonanza mediatica. Così si è rafforzato il gradimento politico del Vice Premier Salvini. In altre parole, l’indagine gli ha portato fortuna, ed è per questo che i risultati pubblicati da Demopolis non ci sorprendono affatto.
Adesso si pone il problema di consolidare questa falcata nel consenso pubblico, in vista delle elezioni europee. Un buon modo sarebbe quello di trasformare in realtà economica la narrazione contrattuale.
Forse il modo più convincente.