È tutta questione di… nudità.

Fra dieci giorni esatti si ripete una tradizione secolare, il Natale, ossia l’ingresso, apparentemente sommesso, di una figura determinante all’interno della storia umana.

Non voglio riferirmi alla valenza religiosa dell’evento, che lascio all’intimità di ogni lettore, mentre desidero, invece, ragionare su questo giorno attraverso un’altra chiave di lettura. Mi riferisco alle condizioni corporee che accompagnano la nascita umana, anche quando si tratta, come nel caso del Natale di Gesù, di un uomo che rivoluzionerà molti atteggiamenti mentali dell’epoca e, perché no, del futuro umano. In particolare considero la nudità, ossia quella situazione esistenziale, sensoriale e corporea con la quale entriamo tutti in questo mondo, ma soprattutto la regalità insita in questa primigenia situazione.

Si tratta di un corpo che proviene da un mondo perfetto e protettivo, quale l’utero materno, e fa il suo ingresso in un universo sconosciuto, all’interno del quale dovrà, da quel momento in poi, agire dimostrando di poter diventare sempre più autonomo e sempre più in grado di saper convivere con altri esseri simili a lui.

Il nostro vero Natale, quello comune a tutti gli uomini, e che dimostra l’esistenza di una globalizzazione originaria e biologica, è la vera regalità che accompagna tutti noi, durante l’intero dipanarsi della nostra esistenza. Ed il fatto che proprio in questo modo sia venuto al mondo un personaggio come il Cristo, che andrà modificando la nostra egoistica visione della realtà con le sue parole e le sue azioni, ci permette di ragionare sul “lusso della povertà”.

Ecco perché, cogliendo positivamente la venuta di questo speciale Natale, ricordo a tutti noi che solo la povertà rende l’Uomo libero da ogni dipendenza, da tutti quei desideri sui quali si fondano le differenze personali, di casta, di religione e di potere, profano e religioso che sia.

Per essere “liberi di”, bisogna essere “liberi da”.

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