Suicidi culturali
E’ tutta questione di… fragilità.
Il pensiero della morte di per sé turba. È l’ultimo cambiamento, quello irreversibile.
Quando di mezzo ci sono i nostri giovani, è anche più difficile da accettare e siamo più propensi alla riflessione e a puntare il dito contro chi, secondo noi, è il potenziale colpevole, spesso non sapendo come i fatti sono realmente accaduti. E in casi come questi non lo sapremo mai. Non lo sapranno nemmeno i genitori di questo ragazzo. Almeno in questa vita, ora. In futuro, se credono in qualche cosa d’Oltre, forse.
E’ chiaro che viviamo in un periodo storico nel quale abbiamo un’infinità di strumenti tecnologici. Sono questi che velocizzano e bypassano gli ostacoli che si presentano nella vita quotidiana, specialmente nella vita dei nostri figli. Crescono così i nativi digitali, e il rapporto che stabiliscono con gli strumenti tecnologici è spontaneo, acritico e spesso privo di qualsiasi consapevolezza cognitiva. E non parliamo di empatia cognitiva, quella della giunzione temporo-parietale del nostro cervello, che ci fa comprendere le emozioni, prima ancora di provarle.
È così che le debolezze umane si confinano in un cellulare, senza volerlo e questo confinamento alcune volte procura smarrimento. E l’autostima si abbassa, con conseguenze a volte definitive in alcuni giovani. Ma non vi sono colpe precise nei genitori che educano, perché chiedersi se ogni atto educativo sia davvero quello opportuno, in quel momento e per quel nostro figlio o figlia, diventerebbe una ossessione intollerabile, con la conseguenza di vivere in un ricatto morale continuo tra il giusto per noi e il gradito per il figlio. Un genitore non può vivere col timore di rimproverare o consigliare il proprio ragazzo con lo spauracchio di perderlo in nome della sua fragilità.
Certo, una soluzione la si deve trovare, e forse la pazienza costante, una continua interazione e partecipazione attiva ma discreta alla vita dei nostri figli, senza per questo dimenticare il proprio ruolo di educatori potrebbe essere uno stile valido. Eppure, queste cose, queste tragedie, non sono preventivabili, non sono ipotizzabili. Accadono e sono fulmini a cielo più o meno sereno.