Libero di parlare
È tutta questione di… interessi non universali.
Quante battaglie per conquistare la libertà. Una libertà forse apparente, ma certamente non quella mentale. Ogni uomo vorrebbe sentirsi libero, e nel mio piccolo, con le mie scelte, posso dire di esserci sostanzialmente riuscito, così da poter parlare di questo argomento senza avere scheletri nell’armadio. Consapevole dei fatti da sempre e, nello stesso tempo amareggiato per non aver mai potuto fare qualcosa per cambiare lo status quo.
Ecco la notizia.
“Caro Alessandro, tu sei bravo. Vali.” “Grazie professore”. “Ma, vedi, per entrare in Università bisogna trovare la porta giusta. E si tratta di una porta particolare. Possiede una maniglia che si apre solo dall’interno”. “Capisco, grazie di tutto Professore”. Era il 2008, se non ricordo male. In un Ateneo italiano, lavorando con questo professore, entrammo, per caso a parlare di ruolo. E queste parole sono rimaste nella mia mente da allora.
Eppure, scoppiano i tombini e quel che esce ha il colore scuro delle coscienze, che piano piano vengono smascherate. Per 15 anni ho fatto parte del sistema. Credo di esserci entrato per errore o per distrazione di qualcuno che, avendo letto il mio curriculum, mi ha permesso di insegnare in diversi Atenei in Italia. Ogni volta mi sono chiesto come mai tutto questo fosse possibile.
Non mi sono mai piegato e mai sono sceso a compromessi. Il mio portafogli non lo permetteva o, voglio sperare, sia sempre stata la mia etica e il desiderio di essere onesto a non darmi la possibilità. I meccanismi sono stati chiari da subito e ovunque io abbia insegnato ho assistito a ingiustizie e nepotismo che poco avevano a che fare con la meritocrazia. Direi, quasi sempre, nulla a che fare, anzi.
Ogni anno e in ogni Università, mi trovavo a formare, informare e trasformare giovani per il futuro. Ogni anno ripetevo ai miei allievi la stessa cosa: “Non mollate, continuate a credere. Ma se non avete conoscenze o denaro, andate via da questa ingiusta e povera Italia”. Soprattutto a chi voleva continuare la carriera Universitaria, mi veniva dal cuore un abbraccio consolatore e suggerivo di scappare il prima possibile. Tanti anni e ogni volta la stessa storia. A me, che non entravo nelle grazie di chi avrebbe potuto aprire la porta dall’interno e che non mi arrendevo per il bene degli studenti, veniva offerta la possibilità di andarmene e di trovare altre cattedre disposte ad ospitarmi per qualche tempo… a contratto. Io, che come tanti colleghi, cerchiamo di svolgere questa professione con la serietà dei grandi pensatori, avevo di fronte l’impossibilità di continuare. E mai l’offerta di un ruolo.
Ma oggi, che le verità verranno sempre più in superficie e in tutti i settori scientifico-disciplinari, sono felice perché, da uomo libero, scopro di essere un discreto professore, invitato in diverse Università del mondo e stimato dai miei alunni. Soprattutto da coloro che nel tempo hanno trovato meriti in altri stati, tristi anche loro per la lontananza, ma pronti a tornare se le cose dovessero cambiare.
Auguro al mio bel Paese di trovare la forza di ribellarsi, perché da soli poco si può fare, ma uniti si può guarire anche il peggiore dei sistemi malati.