Don Vilmar PavesiÈ tutta questione di… scostumatezza.

Ho atteso qualche giorno prima di scrivere questo articolo perché la questione andava metabolizzata. L’articolo è lungo, ma ritengo sia necessario. Per me, la mia coscienza e l’onestà che cerco di mantenere, a fatica, errando, nella mia vita.

Mi spiego meglio. Non si trattava di digerire la notizia in sé, bensì il disappunto intellettuale che la notizia suscita. Credo che (fosse solo per pura necessità informativa) molti di noi avranno letto l’intervista, pubblicata da L’Espresso, a Don Vilmar Pavesi. Una rivoltante pletora di pensieri in libertà che nulla hanno a che vedere con la visione neotestamentaria di un Dio Padre misericordioso, in unione con la Resurrezione operata dal Figlio e la Sapienza dello Spirito Santo come guida dispensatrice di discernimento. Molto, invece, hanno a che vedere con la gretta interpretazione del Vecchio Testamento, mista a bieca misoginia, razzismo omofobico, tutto compendiato nella filiazione oscura del maligno.

Un’interpretazione della vita e del peccato senza possibilità di redenzione, da cui si può sfuggire solo vivendo nella paura e nella ripulsa del diverso. Una paura (emozione importante per lo sviluppo evolutivo della nostra specie, ma da trattare cognitivamente con molta cautela, prudenza ed attenzione) che, nelle intenzioni pseudo assolutorie di chi la fomenta, dovrebbe servire a  guidare i “giusti fedeli” che sono, al contempo, cittadini da controllare.

L’omosessualità come istigazione del diavolo, l’abolizione dell’aborto tout-court, del divorzio, dell’eutanasia (che neppure esiste in Italia), dei giornalisti, lo sprezzo per coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame, il ritorno alla monarchia cattolica, la donna che non è pensabile con un libro in mano, il giudizio divino sull’operato di un Pontefice (Papa Bergoglio) che morirà certamente prima della dottrina della Chiesa. Insomma, mi sembra che ce ne sia abbastanza per almeno chiedersi il perché di queste pressappochiste considerazioni. In realtà, non sono nemmeno considerazioni, ma ambizioni. E don Pavesi, come si legge nella sua intervista, commette uno dei peccati capitali più infiltranti per la coscienza cattolica, nella sua declinazione tracotante, agli occhi di una equilibrata coscienza laica: la superbia nel chiedere, al giornalista che l’intervistava, perché non potrebbe proclamarlo “re” anziché “dittatore”.

Questo signore che ha pronunciato i voti sogna di diventare nientemeno che Re! Proprio come è scritto nel Vangelo, specialmente quando il Cristo lava i piedi ai propri apostoli. Ho la sensazione che don Pavesi debba rimettersi a frequentare un sano catechismo parrocchiale, quello prescritto per avvicinarsi alla Prima Comunione. Se queste manifestazioni rimanessero confinate nel perimetro di un delirio lefebriano e reazionario, poco male, perché non meriterebbero neppure la menzione che, talvolta, si rivolge agli artisti affetti da disagi psichiatrici, come il pittore Ligabue oppure al poeta etilista Charles Bukowsky.

L’aspetto tragico di questa vicenda è che don Pavesi è il padre spirituale ed anche il consigliere politico di Lorenzo Fontana, Ministro per la famiglia e per la disabilità; è l’ispiratore dell’avvocato Simone Pillon, senatore che ha proposto l’ormai suo famoso ed omonimo Ddl, la cui eventuale approvazione restituirà, in materia di diritto di famiglia, il fasto borbonico. Non solo. Questo prete afferma che anche il Ministro dell’Interno e Vice Premier Matteo Salvini è un assiduo frequentatore della sua persona ed ascoltatore del suo “verbo”. Ecco, mi attendevo una smentita che, tuttavia, non è pervenuta.

Eppure, come credo si sia compreso da questo blog, il sottoscritto è tra gli intellettuali che hanno salutato con favore e speranza questo Governo, un “Governo del cambiamento” ci hanno detto. A tutta prima lo sembrava: difesa della nostra individualità nazionale tanto bistratta all’estero, conferma del  ruolo cruciale in Europa di un’Italia che ha pagato il piano Marshall con il colonialismo economico-politico e militare salvo, poi, essere lasciata al suo destino una volta tramontato il pericolo comunista sovietico. Sembrava che fosse giusto, specialmente per un intellettuale che studia l’evolversi dell’umanità, sostenere un’idea di cambiamento. Ma il presupposto del consenso risiedeva nel fatto che il cambiamento si dirigesse verso il progresso con una falcata in avanti.

Ma qui non c’è alcun progresso, anzi. Se alla base dell’ideologia che muove la Lega vi è il misticismo lefebriano, il cambiamento che si profila è un balzo indietro di due secoli.

Difesa della famiglia: certo! Ma potenziando le forme di cooperazione ed aiuto alla genitorialità e le forme di sostegno economico e sanitario  per i nuclei non abbienti, per le madri disagiate; non certo abrogando i sacrosanti diritti di civiltà al divorzio e all’aborto che, sebbene per un cattolico apostolico romano come me, rappresentino l’extrema ratio, sono, comunque, baluardi di progresso civile non eliminabile. Non è costringendo una coppia a convivere nelle difficoltà e perpetrando le dinamiche di disagio e, spesse volte, di abuso che si può pensare di avere famiglie felici. Senza contare che il libero arbitrio umano deve rimanere tale e non oggetto di coartazione: è vero che il maligno esiste, ma non lo si combatte colando olio bollente sulla capacità di autodeterminazione. Al contrario, come ogni padre che tiene alla cura dei suoi figli e che ci guida su un sentiero di pianura, anche Dio lascia i suoi figli liberi di decidere. L’accoglienza piena e irrinunciabile della dimensione divina non passa dalla costrizione, ma dalla libertà di scegliere quella direzione. Coartare la libertà significa pretendere un’adesione superficiale, non certo di cuore. Un’adesione che non ha nulla a che vedere con la conversione al bene sostanziale che possiamo scegliere, se lo vogliamo e lo desideriamo.

Difesa dei confini territoriali e della specificità nazionale? Certamente sì. Ogni Governo estero si muove in questa direzione, regolamentando accesso e integrazione. Ma, non certo vedendo gli immigrati come il materiale di scarto biologico della nostra specie. Persone contro cui si può consentire ogni atrocità, nell’indifferenza che non tiene conto del vile commercio di armi, e della razzia di risorse che l’uomo bianco (cinese, francese, britannico tedesco e anche italiano – rammentiamoci gli accordi che i nostri governi hanno fatto con la Libia, consentendo di costruire i lager libici sulle coste mediterranee) ha perpetrato e perpetra in quelle terre. Don Pavesi si dice convinto che non scappano dalle guerre e questo la dice lunga sulla alienazione storica in cui vive quest’uomo; ma, quand’anche si trattasse solo di migranti economici, vuole sollevare i bianchi dalla colpa dell’affamamento di intere etnie africane a vantaggio della globalizzazione occidentale? Questa non è misericordia divina, ma antropomorfa e antropocentrica giustificazione religiosa ad un regime di sfruttamento.

I gay e le unioni civile tra omosessuali. E’ un dato acquisito dalla scienza che l’omosessualità non è una devianza mentale, ma una conformazione genetica (secondo, appunto una visione biologica del comportamento omosessuale) legata al cromosoma Xq28. Ravvisare una filiazione tra il maligno e l’omosessualità significa guardare il mondo con gli occhi e la volontà del maligno stesso, che ci vuole legati al passato, alla tristezza, alla colpa, all’inerzia. Il messaggio che Dio ci ha trasmesso con l’arrivo di Suo Figlio è la Resurrezione dalla dimensione del peccato, verso l’altra – opposta – di piena conoscenza e accettazione della misericordia del Padre. Ecco perché Dio è l’antitesi del maligno. Lui ci vuole figli felici di esistere nel mondo celeste che non sta nell’aldilà, ma nell’aldiqua, adesso, in questa terra e in questo tempo, con lo sguardo al presente ed al futuro e non certo al passato (che nessuno di noi può cambiare).

La donna. A prescindere dalle grandissime menti femminili di cui l’umanesimo e la scienza italiana hanno fatto dono al mondo, vogliamo tornare alla visione della donna descritta nella Genesi, come sottoprodotto dell’uomo e germe del demonio? Vogliamo toglierle lo strumento della cultura per soggiogarne l’uterinità?

Come ho detto, mi aspettavo una smentita o una correzione del tiro. Non è arrivata e questo comporta, dal mio punto di vista (un piccolo intellettuale che guarda all’umanità con occhio rivolto alla trascendenza), la necessità di avere risposte in merito a due interrogativi. Il primo. I più importanti Ministri, nonché parte dei parlamentari in quota Lega hanno scelto don Pavesi come proprio padre spirituale e consigliere politico. Le proposte di riforma legislativa, nonché l’azione di Governo, dimostrano di esser in linea con la visione religiosa di questo prete. Ne dobbiamo desumere che l’azione politica della Lega riposi sul misticismo di don Pavesi? Il secondo. Quanta influenza ha questa corrente cattolica nella formazione del consenso elettorale rivolto alla Lega?

Le risposte sono importanti. Lo sono sul piano collettivo, perché la strada che don Pavesi vuol far percorrere ai politici conduce direttamente ad uno Stato teocratico, e quindi eversivo, rispetto al nostro assetto repubblicano parlamentare. Lo sono anche sul piano eminentemente intellettuale, perché nessun uomo di scienza e di fede (a meno che non sia votato alla Thule-Gesellschaft) può sostenere indirizzi politici fondati sulla superstizione.

Perché di bieca superstizione si tratta.

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