Pranzo_dei_poveriÈ tutta questione di… sacralità.

La notizia, come spesso accade con questo Papa, è la solita, anche se declinata secondo le necessità del momento.

Bene, personalmente, nonostante abbia apertamente dichiarato che nutro qualche dubbio sulle esternazioni magistrali ecclesiastiche di questo Papa, non credo che in questo caso, il pranzo dei poveri, si tratti di una abdicazione alla tradizione evangelica cattolica.

Penso, invece, che si tratti di una questione di indubbio valore sociale e culturale, visto che i poveri presenti sul territorio nazionale sono oramai appartenenti a diverse culture, senza escludere quella italiana. In effetti, non dobbiamo dimenticare che anche fra gli italiani indigeni ed autoctoni sono in aumento i poveri, e non vedo un ottimo futuro di ripresa con la presenza di questi politici inutili, irresponsabili e poltronari.

Dunque, permettere ad un più ampio numero di persone di partecipare ad un pranzo, avendo anche l’occasione di farlo in un contesto decisamente accogliente, e con un menù altrettanto invitante, mi sembra sia un ragionamento frutto di buon senso. Mi direte che proprio di buon senso siamo sostanzialmente sprovvisti in questo periodo storico mondiale, ed è vero. Se così non fosse non assisteremmo ad atteggiamenti mentali e comportamentali che continuano a mettere a rischio la nostra esistenza futura come specie.

Dal punto di vista antropologico, la possibilità di condividere un pasto assieme ad altre persone è un fatto importante, significativo ed evolutivo. Il pranzo, come qualsiasi momento in cui si condivide del cibo, è il momento in cui ci si nutre vicendevolmente, ascoltando a tavola le storie di vita di ognuno, scambiandosi così anche il significato che si possiede della propria esistenza. È un momento importante, di vera e propria aggregazione sociale e culturale, grazie al quale anche le differenze interculturali possono rivelarsi liminali, rispetto alle comunanze umane che si possono scoprire. Dunque, in nome di queste considerazioni, credo che il Papa, almeno questa volta, abbia effettivamente voluto comunicare questi concetti, attraverso l’importante pratica della condivisione del cibo. Penso anche che questo insegnamento non sia cattolico, ma cristiano, nella sua valenza globale ed evolutiva, ossia espressione di un destino comune a tutti gli esseri umani: la necessità di sopravvivere tutti, nonostante il male, dunque il denaro, sia favorevole ai potenti. Ma anche i potenti hanno i loro menù, le loro pratiche e comportamenti, con i quali confermano a tutti la loro supremazia, credendo di poter mangiare fra loro in eterno.

La solita miseria umana.

Niente di nuovo, come sempre, per ora.

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