È tutta questione di… precisione.

La ricompensa è un elemento importante nelle azioni persuasive.

All’interno della nostra struttura neurocognitiva, nel cervello, esiste un sistema che viene definito mesolimbico dopaminergico o sistema della ricompensa, caratterizzato da un gruppo di strutture neuronali responsabili della motivazione, dell’apprendimento associativo e delle emozioni positive.

Per comprendere l’importanza di questo sistema, è necessario innanzitutto definire che cosa intendiamo per ricompensa: la proprietà attraente e motivazionale di uno stimolo che induce l’individuo a realizzare un comportamento appetitivo. In altri termini, possiamo definire ricompensa un qualsiasi stimolo, evento, attività, situazione oppure oggetto che ha il potenziale la capacità di favorire un avvicinamento a sé, da parte di qualsiasi individuo vivente.

In effetti, ricompensare una persona con parole di elogio, oppure un atleta con un trofeo o ancora, un Paese con l’assistenza economica o militare, può avere effetti a lungo termine molto importanti, come la creazione di legami e relazioni assai strette e cogenti.

Ecco perché questa tecnica può avere una funzione educativa iniziale, ma dovrebbe comunque essere affiancata dallo sviluppo di sentimenti autonomi e personali di soddisfazione individuale, grazie ai quali si perseguono gli obiettivi che riteniamo essere importanti, e non per ricevere una gratificazione esterna.

Gli esseri umani, in questo modo, possono acquistare quel sufficiente grado di sicurezza in sé e di autonomia, utili per affrontare le sfide della realtà trovando all’interno della propria individualità la motivazione a perseguire i propri scopi.

Ecco, in relazione a questi concetti, temo che il periodo storico nel quale stiamo vivendo e che sperimentano anche i nostri giovani sia, da questo punto di vista, relativamente difettoso, proprio perché concentrato su gratificazioni effimere e decisamente mercificate.

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