È tutta questione di… ignoranza.

Nel 2009, il 9 ottobre, Obama riceve il Nobel per la Pace. Come sappiamo il Comitato per i Nobel risiede ad Oslo, e sappiamo anche in quale nazione si trova Oslo, in Norvegia. Questa nazione è una Monarchia Costituzionale ed è una delle poche nazioni che non fanno parte dell’Unione europea.

È bene ricordare dunque da dove proviene questo insulso e lecchino Premio Nobel, che è in più un premio per la Pace.

È del tutto evidente che la pace a questo signore non interessa minimamente e che in ogni dove, se gli riesce, provoca guerre fratricide. È con esse che ottiene molti più risultati che eliminando le armi nella propria nazione, oppure limitando l’uso delle fucilate dirette a qualche negro di turno, diciottenne e del Missouri (utilizzo questo termine, negro, perché quello alternativo di nero è appropriato in luoghi geografici in cui abitano individui prudenti e che tendono al buon senso).

Mentre l’amministrazione Bush, seppure con tutte le sue pecche, credeva fosse necessario attribuire all’ONU il potere di dirimere, anche con l’invio dei caschi blu, le questioni internazionali, la strategia politica mondiale del Nobel per la Pace è quella di alimentare focolai di guerra in tutto il mondo, inviando armi ai terroristi, con l’intervento  plausibile dei servizi segreti americani. Il tutto perché gli si chieda aiuto, come fosse il salvatore disceso dal cielo, e noi fossimo affamati di Mulino Bianco Hawaiano.

Per la superpotenza mondiale degli Stati Uniti d’America questa attuale politica mistificatoria è normale e strumentale, perché la sua funzione potrebbe diventare, in un futuro assai vicino, completamente inutile per l’Europa (specialmente se quest’ultima continuasse l’approvvigionamento energico dall’Oriente). L’Europa, invece, dovrebbe prendere il nome, per vocazione naturale e storia, di Eurasia e rivolgersi verso la sua direzione geografica più ovvia: l’Est.

È vero che Cristoforo Colombo, partito da Genova, ha scoperto (totalmente per caso) quello strano continente, ma è anche vero che abbiamo avuto Marco Polo, partito da Venezia, che è stato particolarmente abile nell’aprire strade, nel favorire scambi culturali, importazioni, commercio, importanti e proficue relazioni tra Oriente e Occidente. Il tutto verso quell’Oriente che rappresenterebbe oggi il nostro completamento culturale e con il quale stiamo intrattenendo ottimi rapporti. Anche il nostro attuale premier (penso per poco, se le cose continuano così…), Matteo Renzi, si è recato in Oriente per facilitare i rapporti delle nostre moribonde aziende con le loro, cercando di bypassare un’Europa che rimane succube del terrorismo economico della Merkel e delle sue paure inflazionistiche.

Obama vuole a tutti i costi venderci i suoi carburanti e le sue profezie, dividendoci definitivamente, cioè separandoci dall’Oriente, e lo sta facendo in modo efficace, soprattutto perché ha a che fare con una Europa ignorante e pericolosa.

Si dovrebbe invece comprendere che, in chiave antropologica e mentale, ogni tentativo umano che miri a dividere ed isolare situazioni esistenziali ed economiche che fondano la loro sopravvivenza sull’unione armonica di intenti fra esseri umani è riferibile esclusivamente al male, travestito da benefattore. Questo vale per l’Europa, l’Oriente e l’Occidente, come è valido in qualsiasi tempo e latitudine. In effetti, il male si alimenta di false informazioni, grazie alle quali alimenta l’opinione pubblica con le proprie bugie (non a caso questa testata ha lanciato la campagna di crowdfunding per quel reportage che racconti ciò che vedono gli occhi dei giornalisti). Il miglior modo in cui ogni espressione nefasta lavora nel mondo è quello di travestirsi, costantemente e continuamente, da espressione benigna, come se ad agire fosse un angelo salvatore ed illuminato.

Stiamo attenti, e non solo noi europei ma stia attenta l’Umanità intera, perché una terza guerra mondiale sarebbe davvero l’ultima, e per tutti, mentre una eventuale quarta sarebbe combattuta a colpi di clava (mentre per Albert Einstein sarebbe stata la terza).

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