È tutta questione di… cervello.

Il cervello di un adulto rappresenta il 2% del suo totale peso corporeo e consuma più del 20% di tutta l’energia richiesta dal metabolismo, in stato di riposo; è noto altresì che in un bambino di 4 anni questo ultimo valore sale al 66%.

Gli antropologi della Northwestern University, nell’Illinois, hanno scoperto che esiste un motivo naturale ed evolutivo per il quale il nostro cervello abbisogna di una lunga infanzia per svilupparsi in modo adeguato.

Rispetto ai nostri parenti naturali più stretti (scimpanzé e altre grandi scimmie) i cuccioli della nostra specie crescono più lentamente e questo avviene perché solo in tempi più lunghi il nostro cervello riesce ad apprendere quei processi mentali che ci caratterizzano in quanto esseri umani.

Il nostro cervello è simile ad una mappa di una grandissima metropoli, dove i palazzi equivalgono ai neuroni  e le strade che collegano le varie zone della città possono essere paragonati ai fasci di collegamenti neuronali. Proprio grazie a questi collegamenti il nostro funzionamento mentale è assicurato in vita. I ricercatori hanno scoperto che il consumo di energia dei nostri neuroni alla nascita è pari 56%, diminuisce al 39% durante i primi mesi di vita, ed aumenta infine fino al 66% intorno ai 4 anni di età, per poi scendere gradualmente negli anni successivi.

L’aspetto interessante della ricerca è quello di aver scoperto e dimostrato che i maschi crescono assai rapidamente durante i primi mesi di vita, per poi rallentare il ritmo di crescita, di cui si avrà un secondo picco intorno ai 12-13, mentre per le femmine il picco si avrà intorno ai 9-10 anni. È il glucosio e il suo grado di consumo che ci fanno comprendere quanta energia utilizzano i cervelli dei nostri bambini e noi sappiamo ormai da molto tempo che questa energia è indispensabile per creare quei collegamenti che tengono unite le cellule neuronali fra loro. Successivamente, durante la seconda e la terza infanzia il numero di questi collegamenti subisce una “potatura”, perché saranno le esperienze pre-adolescenziali ed adolescenziali a selezionare i comportanti neuronali utili, eliminando quelli inutili. Ecco perché siamo lenti nel crescere: per poter compensare nel tempo la domanda energetica che il nostro cervello pone all’organismo, grazie alla quale riesce a creare quelle strutture complesse che ci differenziano dalle scimmie. E queste strutture si creano grazie al paziente incontro del nostro cervello con il mondo esterno, che è l’insieme delle relazioni cognitivo-affettive grazie alle quali impariamo a ragionare. E così imitiamo quei “modi di ricevere affetto” che sperimentiamo con coloro che ci aiutano a crescere ragionando.

Stabilito quanto precede, una conseguenza importante, a livello antropologico-mentale, è la seguente: care potenziali future madri, se non siete nelle condizioni di assicurare questo tipo di sviluppo mentale ai vostri figli (tanto tempo dedicato a loro e stimoli frutto della relazione con loro), per cortesia non mettete al mondo figli. E voi padri, se non siete in grado di dedicare ai futuri figli tempo, spazi e relazioni con loro, almeno dopo i 3 anni, fate altrettanto. Fare i figli e crescerli richiede una gran fatica e sarebbe venuto il momento, anche sulla base dei costanti dati scientifici che emergono ogni anno, comprendere che i figli non li ordina il dottore, e che quando vengono al mondo sono loro gli esseri verso i quali dovremmo giurare assoluta fedeltà.

Alla luce dei fatti, essendo la fedeltà reciproca fra i due membri della coppia considerata sempre meno importante, almeno rimanga in piedi quella utile all’evoluzione della specie, cioè quella verso i figli. E per fare ciò è necessario impegno, fatica, tempo e fede, altrimenti è meglio diventare gay (senza pretese di adozione, ovviamente).

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