Nessuno pensa con la propria testa!
Quante volte, soprattutto da ragazzi, ci siamo sentiti dire dai nostri genitori: “Pensa con la tua testa!”? Ebbene, non vi è affermazione più infondata di questa. Perché? Semplicemente perché è impossibile farlo e aggiungo che non sarebbe affatto produttivo nella remota eventualità che qualche essere umano vi riuscisse.
Nessuno di noi, volenti o nolenti, è venuto al mondo in modo autonomo proprio in quanto siamo mammiferi. Tutti noi siamo stati accolti e dunque nutriti da un utero femminile, sino a quando è stato necessario abbandonare quell’ambiente meraviglioso per entrare a far parte del mondo. Durante quei nove mesi paradisiaci, l’umore, le emozioni ed i pensieri di nostra madre, completamente inserita nell’ambiente della sua quotidianità, hanno influenzato il nostro umore attraverso la produzione di sostanze chimiche che giungevano anche a noi.
E’ evidente quindi che ognuno di noi cresce, anche se dapprima inconsapevolmente, in una minima relazione duale (quella madre-bambino) che impronterà la quasi totalità del nostro stile di vita relazionale quando saremo adulti. Si stabilisce un rapporto intimo di complicità che continua dopo la nascita, abituando il futuro adulto a comprendere che i propri pensieri, le proprie convinzioni, passano attraverso l’approvazione o disapprovazione della madre.
Questo modello verrà ripercorso durante tutta l’esistenza sia che esso basato su un rapporto sereno o conflittuale con la madre: rappresenta infatti l’imprinting neuro-cognitivo che prepara tutti noi ad attenderci una conferma o disconferma rispetto alle nostre azioni e pensieri.
Parlando in maniera un po’ più scientifica, i filamenti neuronali – i neuriti che mettono in contatto i diversi neuroni tra loro formando quella rete cognitiva che costituisce il funzionamento del nostro cervello- si organizzano per modellarsi secondo questa relazione. Imitano cioè topologicamente quella solidarietà, quella complicità che esiste con la mamma. Ogni madre è stata anche figlia: la formazione dei propri circuiti neuronali presenta l’architettura che, in quanto figlia, ha sviluppato durante la sua evoluzione ontogenetica dallo stato fetale a quello adulto. Così si rinnova, generazione dopo generazione, quell’imperativo naturale che impone alle madri un atteggiamento solidale e complice verso i propri cuccioli sulla base di una forza naturale che prevarica qualsiasi egoismo a vantaggio della specie.
E’ proprio in questo vincolo relazionale che si organizza l‘evoluzione mentale umana: il risultato è che nessun neurone nel nostro cervello agisce autonomamente, senza l’aiuto e la complicità di tutto il sistema neuronale.
Per questo la mente umana impara a confrontarsi costantemente con il giudizio altrui anche quando questo giudizio non è verbalizzato, ma dimostrato con una serie di azioni e atteggiamenti che approvano oppure disapprovano il comportamento che si mette in pratica. E così, senza esserne del tutto consapevoli, impariamo a stare assieme agli altri, generalizzando il modello relazionale che abbiamo appreso nel nostro primigenio rapporto con la madre. La Natura ci pone così nelle condizioni di svilupparci nell’attesa di incontrare un altro che sappia accoglierci al momento opportuno e farci meditare sulla necessità di cambiare stile di vita e di pensiero.