Siamo uomini o… esaltati?
È tutta questione di… equilibrio.
Amo i paradossi: li giudico un utile strumento comunicativo. Ma non tollero la crudezza fine a sé stessa qualora finalizzata a vendere un numero maggiore di libri o a creare lo scandalo sterile.
Ecco perché penso che questo libro sia utile, a tutti noi. Il libro racconta la follia omicida, dalla parte delle vittime e di coloro che l’hanno scampata ed è educativo perché ci porta a riflettere sull’esaltazione degli esseri umani.
Questa, tanto di singoli quanto di gruppi, è sempre il rovescio di un conflitto personale. Chi vive nella più completa solitudine esistenziale, può cadere in patologie psichiatriche talmente gravi da diventare decisamente incontrollabili, come nel caso a cui ci stiamo riferendo.
Questo signore ha una visione del mondo tutta incentrata sulla morte e sul terrorismo. Breivik ha fatto quello che stanno mettendo in atto molti altri gruppi umani: ha ucciso senza un apparente motivo reale un nostro simile.
Gli altri animali uccidono per difendersi, per proteggere la prole e per procacciarsi il cibo. Noi umani, evoluti e con coscienza (ne siamo certi?), uccidiamo oltrepassando questi imperativi biologici universali. Ne adottiamo invece altri, come l’alterazione di uno stato di coscienza: così decidiamo di essere noi i gestori totali, definitivi, del destino altrui.
Tale atteggiamento nasce dall’idea che siamo noi gli artefici del nostro successo o insuccesso: ci riteniamo cioè onnipotenti, come un Dio appunto.
I greci avevano il concetto della nemesi, cioè della “Distribuzione della Giustizia”: la dea Nemesi provvedeva a metter giustizia ai delitti irrisolti o impuniti, distribuendo e irrorando gioia o dolore a seconda di quanto era giusto, perseguitando soprattutto i malvagi e gli ingrati alla sorte.
Se si recuperasse questo concetto ora, forse si vivrebbe in modo più sobrio e soprattutto più sano.