Terremotati in casa
È tutta questione di… fiducia.
La Prof.ssa Luisa Chimenz, che mi ha fornito preziose informazioni, è una designer e studiosa interessata di gestione dell’emergenza (Design Risk Management), all’interno del Dipartimento di Scienze per l’Architettura della Scuola Politecnica dell’Università di Genova. Si sta infatti occupando della situazione dei terremotati in centro Italia, assieme al Prof. Eran Lederman (a capo del gruppo di ricerca RDfD Relevant Design for Disaster con sede presso la Bezalel Academy di Gerusalemme). Si è recata ultimamente a parlare con le persone colpite, le autorità locali, i volontari e i capi della Protezione Civile. Ecco ciò che emerge dai suoi incontri.
Le cose stanno cambiando, perché si sta verificando un forte processo di innovazione nelle attività decisionali che concernono l’emergenza. Ora, comincia a realizzarsi l’auspicata comunicazione tra le parti, e le popolazioni colpite non sono più considerate organismi passivi. Finalmente si è capito che solo questo approccio, anche se non del tutto nuovo, può ristabilire un autentico senso di fiducia nelle popolazioni colpite.
È fondamentale comprendere che c’è una profonda differenza tra abitazione e casa, e che quello che le persone colpite da un tale disastro chiedono è la seconda, che può anche non avere nulla a che vedere con metri quadrati o proprietà. A un ricovero di emergenza viene richiesto calore, protezione, sicurezza, senso di familiarità e comfort. Il problema non è neanche il tempo: le persone comprendono perfettamente che per ottenere la giusta soluzione è necessario il giusto tempo.
La soluzione sta nella popolazione stessa: ascoltarne le necessità, considerarla partecipe attivamente, assegnare compiti che responsabilizzino, tanto prima quanto dopo il disastro. Nello stesso tempo, sono le persone che devono ricevere attenzioni e cure, per combattere la mancanza di fiducia e la cattiva comunicazione. Se questo non accade si continua ad alimentare quel solco incolmabile di lamentele e scontento, tra il Governo e gli operatori ad alto e basso livello da una parte e la popolazione colpita dall’altra.
Finalmente, e grazie ad un insieme di produzioni scientifiche e volontà operative, stiamo assistendo ad un processo di cambiamento, dal quale trarre insegnamenti futuri, orientato alla persona, alle sue esigenze in comunità nel proprio territorio.