Papa Francesco sa sbagliare
È tutta questione di… bellezza.
Si vedono e leggono molte cose, poche colpiscono veramente. Ma quelle poche hanno un forte impatto.
Tutti ci ricordiamo della visita di Papa Bergoglio in Cile. Della sua difesa del vescovo cileno Barros dalle accuse di pedofilia, perché non suffragate, a detta del Pontefice, da prove concrete. Non abbiamo neppure dimenticato il clamore che queste parole suscitarono, dato che i rumor intorno al prelato erano già fortissimi. E la delusione delle presunte vittime è stata indicibile.
Dopo poche settimane, Papa Francesco ha ricevuto il dossier di Mons. Scicluna, conosciuto come l’uomo di Dio a tolleranza zero sul tema degli abusi sessuali compiuti da uomini di Chiesa. Questo dossier fornisce le prove concrete ed effettive della colpevolezza di Barros.
Ed è accaduto ciò che in altri tempi non sarebbe stato neppure ipotizzabile: Papa Francesco ha ammesso di aver espresso un giudizio che, in presenza di informazioni esaustive, non avrebbe espresso. Ed ha anche provveduto ad accettare le dimissioni del vescovo Barros.
Ecco, prendo spunto da questi avvenimenti per una considerazione generale.
Molte sono le voci in contrasto sul significato del papato di Francesco. Sulla reale portata, tanto della sua catechesi quanto delle riforme che ha varato. In considerazione della sua matrice gesuita, c’è chi lo considera fortemente reazionario; chi ritiene stia solo prestando il proprio intelletto per una mera operazione di maquillage della Chiesa cattolica; chi, al contrario, sostiene che il suo papato segnerà una svolta epocale nella volontà di riportare la Chiesa all’essenzialità. Questi ultimi sono coloro che vedono Francesco in sintonia con il rigore morale predicato da Ignazio di Loyola.
Comunque la si voglia guardare, un fatto è certo. Abbiamo un Papa che, forse per primo nella storia, dimostra fattivamente di essere uomo e, in quanto tale, soggetto ad errore. Senza voler scomodare il dogma dell’infallibilità papale (che si riferisce alla dimensione teologica del dire papale, e non a quella umana), non possiamo negare la presenza di autocritica in Francesco. Ha affermato di aver commesso un errore di valutazione.
Si potrebbe replicare che ha sottolineato di avere mal giudicato la situazione in Cile, sulla base della parzialità delle informazioni ricevute: un po’ come dire ai vescovi cileni “non me l’avete raccontata giusta”. Ma poteva non utilizzare queste precise parole: “Riconosco di aver commesso errori gravi di percezione e valutazione della situazione”. Poteva pronunciare altre parole ed, invece, ha scelto di applicare, praticamente e platealmente, il “Confesso” che, talvolta meccanicamente, ripetiamo durante la celebrazione della Santa Messa.
E questo ci rimanda direttamente all’imprescindibile valore del saper dire: “Scusa, ho sbagliato”.
Che non è e non dev’essere una posa, ma un ponte tra la fallibilità umana e la riconciliazione tra esseri viventi. Farsi, responsabilmente, un esame di coscienza, vagliare criticamente le nostre azioni e, laddove se ne riconosce l’obiettiva erroneità (ancorché contingente…), saperla ammettere.
Comunque la pensiamo, Francesco è un Papa sorprendente nel suo essere uomo e servo di Dio. E la sua lezione è un esempio.
Senza dubbio.