Cortese lettera a Salvini
È tutta questione di… semplicità universale.
Al termine di un viaggio estenuante, i cinquantotto migranti a bordo della Aquarius sono stati sbarcati a Malta, in base ad un accordo di distribuzione tra Francia, Spagna, Germania e Portogallo. L’ennesimo sbarco, deciso al termine dell’ennesimo ping pong tra Stati, in merito a chi, tra Francia, Spagna, etc., dovesse aprire i propri porti. Nessuna novità, la storia è sempre la medesima. Tuttavia, senza che l’ultima vicenda legata alla Aquarius abbia sollevato questioni o tematiche sostanzialmente diverse dalle analoghe e precedenti vicende che abbiamo vissuto durante l’estate 2018, l’aspetto meramente antropologico della questione “immigrazione” impone una riflessione.
Sottolineo che si tratta di una serie di osservazioni che scrivo secondo l’ottica strettamente antropologica.
Non scopriamo alcun arcano dicendo che i primati non umani (le scimmie, per intenderci) sono i nostri progenitori nella linea evolutiva. Le analisi sulla sequenza genetica hanno dimostrato che l’Homo Sapiens sapiens, e moderno, condivide il 99% del proprio DNA con gli scimpanzé ed i Bonobo. Secondo la suggestione poetica di Ramachandran (uno dei massimi neuroscienziati viventi) “(…) noi esseri umani siamo primati (…), e oltre a tutto siamo qualcosa unico, inedito, trascendente (…). Qualunque scimmia può tendere la mano verso una banana, ma solo l’Uomo può tenderla verso le stelle”.
Quando abbiamo iniziato il viaggio verso la nostra unicità che ci porta a tendere la mano verso le stelle? Tra i tredici ed i sette milioni di anni fa, ovvero allorché nel Rift Africano si verificò e sviluppò il ramo filogenetico dei cosiddetti Hominidae. Il successivo periodo evolutivo, che va dai 6 milioni ai 200.000 anni fa, ha visto venire alla luce la specie Homo che, anche grazie ad ibridazioni succedutesi nel tempo, si è evoluta nella specie Homo Sapiens, i cui resti più antichi, risalenti a 195.000 anni fa, sono stati rinvenuti in Etiopia (mi riferisco all’Uomo di Kibish, appunto l’attuale Etiopia).
Le ricerche genetiche e quelle fossili ci rivelano una realtà scientifica alla quale nessuno si può sottrarre: il percorso antropogenetico che ha condotto all’Homo Sapiens è avvenuto e si è consumato in Africa. È in Africa (particolarmente nelle zone corrispondenti agli attuali Congo e Sudafrica) che l’essere umano ha sviluppato le sue prime tecnologie, vale a dire gli strumenti per cacciare e pescare. Poi, per ragioni non ancora ben note, a partire da circa 120.000 anni fa iniziarono le diaspore dell’Homo Sapiens. Ne parlo al plurale perché si verificarono migrazioni di Homo sapiens in Eurasia, in Oceania, nella Cina meridionale e centrale e, naturalmente, in Europa. Tutto questo, secondo la teoria unilineare dell’evoluzione umana, in contrasto con quella multilineare.
In entrambi i casi, tanto se aderiamo alla teoria monolineare oppure a quella multilineare, gli europei, di qualunque tempo, nel loro sviluppo evolutivo intellettivo, intellettuale, tecnologico, etc, devono molto alle diverse contaminazioni che hanno affrontato durante le diverse (anche africane) ondate migratorie. Gli stessi europei si sono spostati e continuano a farlo. Esattamente come ai giorni nostri (indipendentemente dalle situazioni politiche, che possiamo considerare tali anche nella preistoria…), anche allora intere masse di popolazioni provenienti da ogni dove del continente africano si sono spostate in Europa.
Ma vi sono due sostanziali differenze tra la diaspora risalente a 60.000 anni fa e quella attuale.
In primo luogo, in quell’epoca non vi erano differenze etniche umane, bensì soltanto differenze tra la specie umana e quella animale. In seconda istanza, ogni angolo raggiungibile di qualunque continente, faceva parte di un unicum geologico costituito dalle terre emerse. In altre parole, l’umanità allora esistente si spostava su un luogo fisico terrestre, appannaggio di qualunque forma di vita vi si trovasse ad esistere. Oggi, invece, viviamo immersi nella concettualizzazione dell’etnia, del colore, delle differenze culturali, dei confini di uno Stato che non sempre coincidono con quelli di una Nazione.
Tuttavia, osservando il fenomeno delle ondate migratorie da un punto di vista strettamente antropologico (dove l’antropologo ragiona sia nell’ordine di ère geologiche, non di secoli o millenni, e men che meno di giorni, sia mantenendo il focus sull’umanità e non sull’Uomo come individuo), non v’è alcuna differenza tra l’esodo dell’Homo Sapiens e quello dell’Homo Sapiens sapiens a bordo dell’Aquarius. Anche allora, come oggi vi saranno stati speculatori, motivatori, affaristi ed altra genia di individui poco raccomandabili. Ed anche allora, alcuni altri individui si saranno adattati a questa genia di individui per cambiare il loro stato di vita. Non lo sapremo mai, ma l’umanità, per quanto riguarda il peggio di se stessa, non mi sembra evoluta fortemente verso il meglio, tranne qualche sacca silenziosa di brave persone, comunque indispensabili.
Sessantamila anni fa l’Europa era un continente privo di traccia dell’Homo Sapiens. Oggi, l’Europa si trova nella condizione sociale ed antropologica di regresso delle natalità, il che significa che noi europei ci stiamo estinguendo. Sessantamila anni fa la terra non era suddivisa in Stati e Nazioni. Era una proprietà comune alla specie umana.
Oggi la terra è suddivisa in aree geografiche, politicamente ed istituzionalmente identificate, ma… possiamo veramente sostenere che gli esseri umani di cittadinanza italiana siano proprietari esclusivi della terra emersa corrispondente all’area geografica denominata “Italia”, oppure che tale diritto di proprietà insista naturalmente allo Stato Italiano?
La risposta è: forse “no”.
Nessun esemplare di Homo Sapiens sapiens, e nessun ente politico istituzionalmente organizzato è proprietario di alcuna parte di terra emersa così come delle masse d’acqua in stato liquido o solido. Con questo, certamente, non intendo dire che un antropologo della mente possa essere fautore di immigrazioni incontrollate. Gli Stati esistono, le Nazioni anche e le Organizzazioni sovranazionali pure. E ciò basta ed avanza perché il fenomeno migratorio debba essere regolamentato, come gli uomini di allora avranno trovato il modo di regolamentare loro stessi in questo stesso fenomeno.
Ma, certamente, occorre che, nel normare l’accoglienza e soprattutto l’integrazione, i Premier, i Capi di Stato ed ogni altra carica istituzionale sovranazionale alla guida dell’Europa, tengano conto che senza Homo Sapiens provenienti dall’Africa, la civiltà europea non sarebbe mai esistita. Con buona pace dell’Impero romano, delle Religioni monoteiste, del Medioevo, del Rinascimento, dell’Illuminismo, della Rivoluzione Industriale, dei regimi totalitari e delle grandi democrazie occidentali. Forse, dovremmo scegliere di comportarci, nei confronti del diritto di un essere umano ad appoggiare i propri piedi su una porzione del nostro pianeta, avendo ben presente che di tutto possiamo essere proprietari, fuorché della fisicità delle terre emerse.
E questo è un dato incontrovertibile.