lega castrazione-2È tutta questione di… patologia.

Partiamo da questa notizia. E direi che è significativa, per una serie di motivi.

La mia prima considerazione è di origine prettamente scientifica. In effetti, rendere legale una tale pratica, la castrazione chimica, significa ammettere in tutta evidenza l’impossibilità di operare un intervento psicoterapeutico nei confronti di questi criminali. In altre parole, vi è ben poco da fare quando abbiamo di fronte persone che si sono macchiate di questo orribile delitto. E quindi, oltre ad un periodo di afflizione in carcere (e del quale non ci si fida, evidentemente), è necessario procedere con un ulteriore periodo, che sembra essere relativamente lungo, di intervento farmacologico. Il tutto, per garantire il benessere della comunità umana, che ancora si ritrova ad ospitare questi criminali a piede libero, una volta usciti dal carcere.

Questa è la mia prima considerazione, e conduce direttamente alla seconda. Vi sono casi di patologie mentali e comportamentali che non possono essere trattati solo dal punto di vista psicoterapeutico, perché la dimensione biologica e neurofisiologica è chiaramente più vincolante e determinante. La motivazione di alcuni delitti è particolarmente radicata nella biologia dell’individuo che li commette, nella sua storia familiare e quindi nel suo DNA, oltre che ad essere alimentata dal sistema della cultura, ossia da quella formazione ed informazione educativa e sociale, in cui si trova vivere.

In conclusione mi chiedo: che stile di vita possiamo proporre ad un criminale di tal fatta, una volta inserito di nuovo in società, e castrato? Cosa stiamo effettivamente facendo nei confronti della sua vita personale? Crediamo davvero di aver eliminato, con la diminuzione o l’eliminazione totale del testosterone, ogni sua forma di aggressività generale?

Le prime sperimentazioni di castrazione chimica, oltre agli antagonisti del testosterone, utilizzarono il benperidolo, un antipsicotico che inibisce i centri neuronali del desiderio sessuale. Dal 1981 si iniziò a sperimentare su 40 soggetti il medrossiprogesterone acetato. I soggetti evidenziarono un minor desiderio di comportamenti devianti, una diminuzione di fantasie sessuali e un maggior autocontrollo, senza apparenti effetti collaterali. Venne così di conseguenza ritenuto un “ottimo trattamento”, insieme all’intervento psicoterapeutico. Oggi, oltre al già citato medrossiprogesterone, i principi attivi più utilizzati sono il ciproterone acetato e (più raramente) il bicatalumide. A questi composti, si accompagna, in genere, la somministrazione di psicofarmaci che inibiscono l’azione della dopamina (il neurotrasmettitore corresponsabile del desiderio e del piacere sessuale), stimolano la sintesi della prolattina e, inoltre, sopprimono la libido. Tutti questi prodotti hanno effetti collaterali, anche gravi. Può essere giusto infliggerli, o forse no, ma è bene sapere che esistono di fatto. Inoltre, cosa interessante in questo contesto, è sapere che, in qualche caso, ridurre il testosterone può essere addirittura controproducente. Il criminale malato, messo nell’impossibilità di avere un rapporto sessuale, può comunque cercare di soddisfare il bisogno di esercitare la propria forza e il proprio potere, adottando comportamenti violenti di altro tipo. E questo avviene perché i nostri neuroni, indipendentemente dalla motivazione organica, conservano la memoria dell’atto e quindi possono ripercorrere, modi e stili divergenti e innovativi, tutte le azioni precedenti, anche in assenza di motivazione sessuale scatenante. E si possono trovare soddisfazioni erotico-feticiste senza utilizzare il proprio pene, con altri strumenti, altrettanto pericolosi, se non persino di più.

Dove si pratica, attualmente la castrazione chimica? È prevista in alcuni stati degli Stati Uniti d’America (assai limitatamente, oltre allo Stato di cui in questo articolo, e subordinata al consenso del condannato), in Svezia, Finlandia, Germania, Danimarca, Norvegia, Belgio e Francia. L’Assemblea parlamentare del Consiglio Europeo si è espressa sulla questione in questi termini, nella risoluzione 1945 del 2013: “Nessuna pratica coercitiva di sterilizzazione o castrazione può essere considerata legittima nel ventunesimo secolo”. Purtroppo non mi fido della castrazione chimica. Potrebbe essere solo un deterrente ma non un garante. E non mi fido nemmeno della risoluzione dell’Assemblea parlamentare europea, perché la trovo ipocrita, visto che abbiamo infibulazioni, spose bambine, turismo sessuale, ed altre raffinate forme criminali di genocidio di massa infantili. Il tutto nel rispetto del ridicolo ed autoassolvente relativismo culturale sinistrato. La solita ipocrisia politica.

L’unica cosa da fare, secondo me, è sperimentare la soluzione che l’Australia sta già sperimentando nei casi di accaniti criminali, oppure migranti non ammessi nel proprio territorio nazionale: farli vivere in un‘isola in mezzo all’oceano. Io aggiungo, da parte mia, l’eventuale monitoraggio del loro comportamento, e durante moltissimi anni di vita isolana, per verificare, con molta cautela e prudenza, un eventuale reinserimento nel mondo della società normale.

Scusatemi, ma in questi casi (ma non solo in questi), in cui viene lesa irrimediabilmente la vita di un infante, non ho la minima capacità di perdono e di misericordia.

Ne renderò conto a Dio.

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